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Revenge Porn: il male del web (uno dei tanti)

Revenge Porn: il male del web (uno dei tanti)

Revenge Porn: il male del web (uno dei tanti)

E così anche il Revenge Porn diventa punibile per legge.

Prima di partire con le considerazioni, spieghiamo brevemente di cosa si tratta: il nome Revenge, in inglese, significa “Vendetta”, mentre Porn è l’abbreviativo di “Pornography” quindi consiste nell’utilizzare e condividere video e foto scattate in momenti intimi, senza il consenso del partner, o ex partner, a scopo vendicativo, attraverso la rete, soprattutto sui social network.

La legge, dopo una prima battuta d’arresto, è stata approvata all’unanimità il 2 aprile 2019: prevede una pena da uno a sei anni di carcere per chi divulga foto e immagini personali e delicate con contenuti sessualmente espliciti di un’altra persona senza, appunto, l’autorizzazione, e con una multa che va da 5’000 a 15’000 euro.

Nel nostro paese sono tristemente note le vicende di Tiziana Cantone che, dopo aver subito questo tipo di trattamento, ha deciso di porre fine alla sua vita suicidandosi, e la recente situazione che ha colpito la ministra Giulia Sarti: due piccoli esempi che dimostrano come maggiormente si colpiscano persone di sesso femminile.

Una legge nel segno dei tempi

Al di fuori della notizia stessa, di cui è piena la rete, è interessante notare come una procedura gravissima, che viene eseguita nel mondo del web, sia stata delimitata e sanzionata da una legge.

Quindi, dobbiamo capire questo evento sociologico, di come internet entri ormai nelle nostre vite in maniera prepotente andando ad occupare tutti i cassetti della nostra esistenza, addirittura, come in questo caso, la sfera più intima e sentimentale.

Carburante di questa vicenda è indubbiamente il fattore social network, WhatsApp incluso, dove la notizia, la foto, il video e qualsiasi altro tipo di contenuto ha una velocità di trasmissione mai vista prima in un luogo e dove la capillarità è mondiale.

Ecco quindi che entra in campo la politica, per cercare di fermare situazioni ed eventi dove una legge specifica  non c’è, anzi: non c’era.

Chi sono le vittime?

Uno studio del Data&Society,Research Institute datato il 13 dicembre 2016 rileva che un/a americano/a su 25 è stato soggetto a divulgazione o minaccia di condivisione di immagini private.

Lo stesso studio, che ricordo essere uno dei primi ad analizzare questo fenomeno, indica chiaramente come le principali vittime di questa situazione siano le persone che vanno dai 15 a 29 anni, soprattutto di sesso femminile, ma, ancor di più, come siano colpiti membri delle comunità LGBT.

Gli effetti di questo coinvolgimento vanno ad incidere pesantemente nella psiche delle persone, dal punto di vista emozionale per la condivisione di contenuti privati e dal punto di vista della propria etica e reputazione.

Il social network, come specificato prima, trasmette in maniera istantanea il nostro privato e permette a tutti di condividerlo ma ancora peggio, di lasciare un commento, una considerazione, dove non ce ne sarebbe bisogno.

Il mondo del web è noto per non avere nessuna autorità che lo sovrasta, ciò rende disponibile a tutti quello che normalmente, ed eticamente, non dovrebbe esserlo.

Prendere coscienza

Chi mi legge regolarmente sa che la veste di paladino della giustizia che combatte i cattivi mi sta stretta, ma saprà anche che una delle mie principali preoccupazioni, quando scrivo di tecnologia, è quella di sensibilizzare le persone ai rischi che ci sono.

Penso sia arrivato il momento giusto per avere giusta consapevolezza, e stavolta sul serio, di come utilizzare la rete, che è libera e deve rimanere tale, ma, che se usato senza un minimo di criterio, potrebbe avere effetti collaterali veramente tragici, come nel caso del Revenge Porn.

Abituiamoci all’idea che sul web niente scompare per sempre, qualche piccola traccia la lasciamo, anche involontariamente, e quella parte di noi, che forse non vorremmo condividere, potrebbe essere già nello smartphone di qualcun altro.

E se dovesse succedere a noi, o a qualcuno che conosciamo, la prima cosa da fare è segnalare alle autorità competenti eventuali post che ritraggono la nostra persona, affinché si possa risalire alla fonte della pubblicazione in modo legale e sicuro.

 

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Another Woman, Moby

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