Alcuni dicono che sono un ribelle, ma ho solo il…
In guerra vai dal Punto A al punto B. Qualche volta rovesci un po’ di birra.
Frank Sheeran – The Irishman (2019)
Mi è capitato di avere pazienza, sì.
Non dirò esattamente quando e quanta. Ma più di una volta mi è capitato, come a tutti, immagino.
A volte l’ho subita, a volte controllata, a volte celebrata.
A volte mi è capitato di perderla.
Sembra un luogo comune o un dato di fatto. Sembra una cosa normale. Un principio. Una virtù, la madre delle virtù dei forti.
Un modello. Il Paziente, con le braccia conserte. Così, fino all’analisi di uno bravo o da parte di uno veramente bravo che poi ti prescrive il diazepam.
Come me, anche voi avrete letto tanti post, di guru e meno guru, sulla pazienza.
Avrete anche sentito quel formicolio sui palmi delle mani, alla radice del collo, lungo la gamba che vorrebbe calciare quella porta in legno, qualche volta, di fronte a qualcuno che stava mettendo a dura prova la vostra pazienza. Che strana parola. Pa-zien-za.
Come quando prepari l’insalata. Una cosa che a volte spazientisce: tanto impegno, qualche foglia che salta fuori dalla terrina, prima l’olio, poi il sale, sennò quello poi resta fermo là, ed infine un magro risultato. Dipende dai punti di vista. C’è chi ne trae beneficio dall’insalata come dalla pazienza. Una panza più piatta. Ecco. Ho fatto la metafora. Ma la fame resta.
Diceva Rousseau: “La pazienza è amara, ma i suoi frutti sono dolci“
Perché la pazienza, la capacità di acquisire controllo e valutazione deriva, forse, dalla capacità di aspettare. Non troppo, il momento giusto, ed agire, decidere.
Deriva dalla capacità di aspettare, senza agitarsi: ecco, il momento opportuno, come per beccare la mosca con un paio di bacchette zen. Trovare il momento. E questo si acquisisce solo con l’esercizio e l’esperienza.
Ora, tanti ne hanno parlato, e forse sarà diventato anche un argomento inflazionato. Ma… Come si impara ad avere pazienza?
Forse bisogna far prima una distinzione temporale e poi mentale: pazienza non è solo attesa. Pazienza è anche cogliere il tempo. Altrimenti poi ci si spazientisce due volte. Pazienza è a livello mentale anche capacità di analisi, non solo del tempo, ma dell’ambiente, della situazione e degli agenti che intervengono nella scelta, che sono in modo indiretto fruitori o debitori della tua pazienza.
Un modello di calma, attenzione, osservazione e tecnica, condito con strategia ed esperienza che si concretizza in uno status, all’apparenza passivo, che stabilisce invece la giusta concentrazione di energie verso un obiettivo. Ad esempio: avere pazienza per il giusto evolvere delle cose.
La pazienza è credere nelle cose
Pazienza è decidere.
Controllare le proprie decisioni senza lasciarsi investire dal traffico smodato delle emozioni. E sì, a volte in questo traffico la pazienza è sbagliata. Ma con le emozioni a ciascuno il suo.
Ma la Pazienza non è lentezza, pazienza è costanza e velocità al momento giusto. Come in una partita di paddle: la pazienza è IL punto che si costruisce. Non si tira mai forte se la palla non è buona.
Questo è Avere pazienza.
Ancora.
La pazienza è onda
Non la noti neanche, quando è calma, ma c’è, e nasconde una forza dirompente sotto il pelo. Solo chi osserva a riva il suo costruirsi poi entra in acqua e prova a prenderla, a cavalcarla, restando in piedi nel tubo.
E poi tornare a riva.
“Chi fa surf passa la maggior parte del tempo sdraiato sulla tavola a nuotare, poi un altro ampio lasso di tempo lo trascorre seduto a cavalcioni sulla tavola ad aspettare l’onda giusta, dopodiché resterà in equilibrio sulla tavola per qualche minuto: pochissimo rispetto a quanto ci è voluto per riuscirci.”
Dunque serve pazienza.
L’amore è pazienza
Pensate alla natura. A un albero di quercia con un tronco dal diametro di un metro e mezzo: quanta pazienza ha avuto nel divenire così stabile? Giorno dopo giorno.
Ecco, per diventare stabili, solidi, anche professionalmente, serve amore, serve visione, serve pazienza.
Ora.
Ognuno di noi è solo un piccolissimo ingranaggio del sistema
Siamo una lenticchia rispetto all’universo, e questo concetto, se riconosciuto consapevolmente, ci porta a stabilire un rapporto equo con il nostro ego, che è già una buonissima base di partenza per maturare la Pazienza.
Poi altra base e fondamenta è il motivo, l’obiettivo, ed il nostro interesse nella scala di esigenze.
Così abbiamo individuato due dei quattro piedi per rendere stabile il nostro trabatello.
Terzo, il carattere. Ci sono caratteri di natura irruenti, e con loro è più lento il processo, e caratteri più mansueti, profili più bassi che però magari esplodono quando meno te lo aspetti. Con il carattere fa gioco l’esperienza, a meno che non si sia poco ricettivi.
Quarto il gioco. O meglio l’approccio al gioco, cioè la leggerezza d’animo.
Più le cose fanno il loro corso e più vengono da sé, basta essere proprio lì al momento giusto. Chiameremo questo punto, per renderlo più cosmopolita, semplicemente culo. Fortuna. Caso. Diciamo culo che è internazionale e fa anche ridere un po’.
Basta non dimenticare il famoso carpe diem, essere lì proprio al momento giusto.
Avete messo le basi? Ora esercitiamoci
Avete controllato che siano stabili, almeno un pochino, sennò il trabatello fa rumore se lo scuoti, eh? Bene.
Ora ci mettiamo su un bel piano.
E sul piano mettiamo i nostri talenti, ma prima, mettiamoci la tovaglia. La pazienza spesso è la tovaglia per migliorare l’espressione del nostro talento.
Adesso: ricordate le bacchette zen di prima? Una roba del genere, esercizio, tecnica, punti saldi e momento opportuno. Un po’ di culo e mano ferma. Vedrete che la pazienza verrà fuori da sola. Provateci.
Vedrete che con fermezza, tecnica e pazienza, non vi cadrà il sushi nella salsa di soia. Tanto di sicuro, in un modo o in un altro, sia oggi che domani, dovrete provarci e riprovarci. Provate. Magari seduti su una sedia in legno in un auditorium durante una sessione d’esame, prima del vostro turno. Riprovate, su una sedia durante un colloquio con un selezionatore per un lavoro che vi interessa particolarmente, riprovate davanti all’altare, se volete, o in sala parto, se potete.
Riprovate a sedervi, trovare le vostre armi, concentrarvi e sprigionare energia al momento giusto. E se proprio non ci riuscite, riprovate. Sedetevi, e se sentite caldo, cominciate a pensare: “Sono seduto su un cubo di ghiaccio.” vedrete. Prima o poi, Quella strana sensazione fisica, interiore, dormiente, inconscia, si trasformerà, quasi in sovrannaturale capacità di gestire la propria pazienza.
E avrete fatto Bingo!
Non è così che dite voi americani?!
Hans Landa – Inglourious Basterds (2009)
Cosa ne pensi?
Alcuni dicono che sono un ribelle, ma ho solo il fuoco della curiosità che mi brucia dentro, che mi spinge a sperimentare, a cercare e ricercare conoscenza e “mosse Kansas City”. Ho studiato, mi sono anche laureato, e poi ho realizzato che era importantissimo continuare a studiare. Sempre. Coltivo relazioni, piante di basilico quando mi riesce, continuo a scoprire cose che non conoscevo e mi sento sempre più ribel… curioso! Mi piace il cinema, la radio, il rock e le onde. Ho una moto ed una tavola da surf, che ogni tanto mi portano lontano dalla noia. Un cassetto pieno di taccuini neri che potrebbero raccontare tutto il mio passato. Ho uno zaino sempre pronto all’ingresso per partire verso nuove avventure. Nel resto del tempo sono parte di un team per lo sviluppo e la gestione delle risorse umane: il motore delle aziende. L’obiettivo è creare la predisposizione allo sviluppo dei modelli centrati sulle persone, che possano valorizzarne potenzialità e competenze, per favorire il complesso organizzativo, la produttività ed il benessere personale e sociale del singolo nel contesto in cui opera. Per il resto sorrido.
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