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[interludio quattro] Il mio Koan Zen

[interludio quattro] Il mio Koan Zen

Il mio Koan Zen – quell’assurdo cui è impossibile dare una risposta logica e che quindi ti costringe a percepire col cuore l’impercepibile – non me lo diede un maestro giapponese, un monaco, un eremita o un grande saggio. Me lo diede, inconsapevolmente, un tizio che decise di celebrare se stesso, tramite la festa di laurea del figlio.

Quell’uomo, davanti a una torta enorme e con un flûte in mano, durante il suo lungo discorso disse che aveva insegnato a suo figlio i veri valori della vita. Per me fu una frustata, quelle parole mi colpirono come un bastone sulla testa. Mi chiesi immediatamente: “Ma di che sta parlando? Quali sono i veri valori della vita?”. In quel momento mi resi conto che, fin lì, tutta la mia vita era stata soprattutto uno smontare domande come quelle e le loro probabili risposte. E vi ero riuscito. Quelle parole “i veri valori della vita” erano ormai per me totalmente incomprensibili. La mia esistenza mi aveva portato alla totale incomprensione di un concetto anche solo lontanamente assimilabile a quello di Valore di Vita. Anzi, proprio l’idea stessa di vita per me era totalmente impenetrabile con la ragione. Finalmente avevo trovato ciò che mi avrebbe costretto a comprendere solo tramite l’Istinto.

Ma da quella festa di laurea non ho più smesso di meditare su quel discorso, di cercare di rispondere a quella domanda, nonostante per me non avesse il minimo senso. Era diventato ed è tuttora il mio Koan. Non vi era e non vi è, per me, alcuna risposta logica alla domanda “quali sono i veri valori della vita?”. La stessa espressione, “i veri valori della vita”, per me è assolutamente priva di senso, è totale assurdità.

Certo, cercando di rispondere, le prime immagini che mi balenarono alla mente in quel momento furono una palla di cuoio, un canestro, LeBron che vola e altre così. Mai nessuno potrà mettere in dubbio che questi siano veri valori di vita. Che quel signore a suo figlio avesse insegnato a giocare a pallacanestro? Probabile ma non credo.

Però, nonostante tutto l’amore che provi per questo sport, non fu questa la risposta che sentii di dover trovare. E anche ora non mi convince tantissimo. Ci deve essere dell’altro.

Quali sono i veri valori della vita? Sono passati due anni e ancora me lo chiedo continuamente. L’ho chiesto anche ad altri, lo ammetto. E tanti mi hanno risposto: la sincerità. E io controbattevo:

– Sì, quella con se stessi.

Ma no, non è una risposta vera, esaustiva. Ai Koan, poi, non si risponde così direttamente. Anche se non devo mica pensare a come si risponde ai Koan. Non esiste un vero modo. Siamo noi il modo, siamo noi la risposta, siamo noi il Satori?

Forse, ma non è assolutamente “noi” la risposta alla domanda “quali sono i veri valori della vita”. Anzi, non riesco a immaginare una risposta più lontana da quella che intuisco come tale.

Quindi, una risposta allora la sento! È lontana ma pressante, è come un pensiero fisso, come un sogno che non riusciamo a ricordare ma al quale non possiamo nemmeno smettere di pensare, perché siamo a un passo dal rivederlo. La cosa migliore da fare in questi casi è smettere di pensarci. Allontanarsi immediatamente da quello che sembra un problema irrisolvibile, allontanarsi dalla domanda. Sotterrarla, lasciarla al buio e aspettare che rompa da sola il terreno, senza che stiamo lì a fissare.

D’altronde, quando piantiamo un seme, mica scrutiamo continuamente il vaso!

Bene, lo faccio subito: sotterro questo mio Koan, sotterro la domanda “quali sono i veri valori della vita?”. E aspetto.

Perché, però, non faccio che tornare con la mente lì, al mio mucchietto di terra? Devo appianarlo, allora, fare in modo che non si veda più e che io dimentichi dov’è. Scuoto pure gli alberi vicini e faccio cadere tutto attorno le foglie morte. Ecco, ora è invisibile. Me ne andrò e scorderò pure questo posto.

Ora ho camminato per chilometri, anche se non è passato molto tempo. E non ricordo più nemmeno cosa stessi facendo. Per capirlo, in effetti, potrei rileggere quanto ho appena scritto ma qualcosa mi dice di non farlo. Allora provo ad ascoltare il suono del fuoco che ho mandato in diffusione dalle mie casse, per non sentire le urla del ragazzino accanto, che gioca continuamente alla Playstation. Non ce l’ho coi videogiochi, per carità, anzi piacciono da matti pure a me. Ma sentire qualcuno strillare nevrotico per dodici ore di fila non mi fa impazzire.

Guardo allora dalla finestra. C’è una gran giornata. Amo il Sole ma, sinceramente, mi manca la pioggia. In inverno in Sicilia piove tanto ma non quest’anno e mi preoccupo, mi dispiaccio. Queste giornate bellissime così di continuo e tutte di fila mi sanno ormai di aridità. A Messina abbiamo un cielo incantevole, davvero. Nemmeno sulle Dolomiti ne ho mai visto uno tanto limpido. Sarà per Eolo, immagino. Ma, forse, come dicono i Giapponesi, è più bello contemplare la Luna quando questa è accompagnata da almeno qualche nuvola, almeno ogni tanto.

La bellezza mi sembra questo, armonia, armonia tra Luce e Ombra, tra Sole e Luna, tra giornate come questa e giornate di pioggia: armonia, che non è proprio equilibrio.

Ora, comunque, ho un racconto da correggere e voglio pure fare un po’ di yoga. Il suono del fuoco non basta per coprire le urla del ragazzino accanto, quindi metterò dell’altro, credo suoni registrati in un giardino giapponese. Sì, sono un po’ fissato con quella Terra così lontana. Sogno tanto di poterla un giorno vedere, di poter camminare in un giardino giapponese. L’ho fatto a Londra, ma non credo sia lo stesso.

Anzi, ora, a proposito di giardini e di verde, prima di mettermi a correggere quel racconto, mi faccio un giro nel bosco dentro di me.

E cos’è questa? È cresciuta una pianta, una che non conoscevo.
– Chi sei?
– Sono quella che hai piantato poco fa, bestia!
– Ah.
– Non ricordi?
– No.
– E ricordi quali sono i veri valori della vita?
– Non li ho mai saputi, come faccio a ricordarli?
– Quindi non sai rispondere?
– No.
– Eppure puoi vedermi, puoi anche sradicarmi e portarmi sempre con te.
– Se proprio insisti, ti sradicherò. Sì. E ti darò fuoco. Le tue ceneri saranno concime. Mi spiace, ma non ho bisogno di portare nulla con me. D’altronde, dovunque vada il Qui mi segue sempre e, in ogni momento, l’Adesso è con me.

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