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Da vittima a minaccia: gli effetti sociali della transizione di genere

Da vittima a minaccia: gli effetti sociali della transizione di genere

La transizione di genere, si sa, è un passaggio delicato. Tutto inizia finalmente ad assumere la forma percepita e i tasselli della vita prendono ad incastrarsi come hai sempre sentito che debbano essere. Al tempo stesso, però, a mutare è anche la società e gli atteggiamenti che vengono rivolti alla persona transgender. A partire da quelli più semplici, invisibili, che il nostro subconscio razionalizza a mala pena.

Incredibile come semplici azioni quotidiane possano così ribaltarsi da un genere all’altro in seguito alla transizione. Me ne parla il mio amico Nicolò, ventotto anni anni e studente lavoratore di Padova, raccontandomi quanto sia cambiata socialmente la sua giornata e il suo “incontro” con gli altri, a partire dalla prima puntura di testosterone effettuata più di un anno fa: ora che vive nel mondo con un aspetto maschile, dice, è tutto diverso. Per questo ho deciso di riportare alcune sue riflessioni e scorci di vita.

“Quando cammino per strada da solo, soprattutto di notte, la costante paura di sottofondo e la sensazione che ‘potrebbe succedermi qualcosa da un momento all’altro’, oppure che ‘qualche uomo potrebbe venire a parlarmi in termini molesti, assumendo che io lo gradisca o potrei ricevere sguardi e commenti’, è praticamente scomparsa. Al massimo penso agli oggetti personali che porto con me, come zaino o portafoglio, mentre io mi sento invisibile.

Allo stesso modo, mi sono reso conto di essere diventato io stesso un ‘potenziale pericolo’ percepito. È stato agghiacciante realizzarlo. Ad esempio, sempre di notte, è capitato che fossero delle ragazze a cambiare il lato della strada rispetto al mio sul quale stavano camminando, per evitarmi. Potrei pensare che siano solo delle coincidenze, ma in effetti l’ho cambiato tante volte anche io il lato della strada in passato, quindi ne dubito.

Negli ultimi mesi ho poi conosciuto la ‘complicità maschile’ anche con dei perfetti sconosciuti che hanno dato per scontato, senza nemmeno conoscermi, che fossimo ‘nello stesso team’ e che quindi la pensassi automaticamente come loro. In realtà, si trattava solo di fare commenti sulle donne o di raccomandarmi un posto perché ‘c’è pieno di figa’…

In generale, comunque, l’interazione con gli uomini (esclusi chiaramente quelli che mi conoscono da molto tempo) è cambiata. Leggo molta complicità – tossica – e un generale maggior rispetto ricevuto – tossico – nei miei confronti. Se mi sento offeso per qualcosa, adesso vengo preso molto più sul serio e in considerazione: così l’offesa non viene più sminuita come un tempo quando, magari, venivo invece tacciato d’essere solamente troppo permaloso.”

Ma il maggior rispetto e il maggior merito guadagnato all’interno degli ambienti dove regna la mascolinità tossica (che comunque Nicolò non frequenta, ci tiene a specificarlo) non è tutto:

“Ci sono poi le cose più stupide e buffe, ma non ho potuto fare a meno di notarle e rifletterci! Ad esempio, ho cominciato a ricevere complimenti per la mia calligrafia, mentre prima no! Questo perché viene dato per scontato che un ragazzo abbia quasi sempre una scrittura più rozza o addirittura incomprensibile.”

Così, in un certo senso, Nicolò è diventato un “ponte” tra due mondi: la sua esperienza precedente gli ha reso semplice fare confronti con quella attuale, ed aver vissuto le difficoltà del socializzare al femminile gli fa comprendere meglio lo status di privilegio in cui è approdato adesso. Anche se ogni tanto il fraintendimento è dietro l’angolo, altro rovescio “negativo” della medaglia:

“Mi rendo conto che le mie affermazioni e le mie azioni sono intrecciate con il mio ‘aspetto maschile’ e talvolta questo mi frena. Mi capita di temere che quello che dico risulti un ‘mansplaining’, oppure che la proposta di aiuto rivolta a una donna, ad esempio che sta sollevando la valigia per riporla nella cappelliera del treno, le risulti come la mia assunzione che non possa farcela da sola con annessa presunzione da pavone che abbia necessariamente bisogno del mio aiuto.”

Concludendo con il tema lavoro, uno dei punti centrali che affrontiamo su Purpletude, non posso non chiedergli alcune considerazioni. C’è da dire che Nicolò oggi fa lo stesso lavoro di prima (commesso in un negozio di articoli di bellezza e cura di sé), perciò non può raccontare come sia cambiata, ad esempio, l’esperienza di un colloquio di assunzione. È interessante però il cambiamento dell’atteggiamento dei clienti: 

“È successo che un tipo non si facesse seguire da me perché doveva fare un regalo ad una ragazza e preferiva fosse una commessa ad occuparsene. Più di una volta, poi, è stata messa in dubbio la mia conoscenza di alcune cose perché ‘cose da donne’. Che ridere!”

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