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Il materasso

Il materasso

Claudio Claudio mi ripeto in testa. Claudio ed Elonora, sposati da un anno dico alla tipa che raccoglie i nomi all’entrata. Da che lato del letto dormi? metti che ce lo chiedono gli dico ridendo; ci sediamo in terza fila, le ultime persone prendono posto. Dormire? E chi dorme? Avrebbe potuto strizzare la palpebra allusivo, e invece no. Destra risponde Claudio sorridendo un po’ rigido, Perfetto! io sinistra allora.

Guardo il venditore, Gianni, ha attaccato vantandosi della sua bellissima e bravissima figliola che poteva sfondare nella danza classica e invece è alla Bocconi e si laureerà avvocato. Mi stava più simpatico quello giovane col bambino piccolo, era il primo o il secondo che mi è capitato di stare a sentire, sarà che il pargolo all’epoca non aveva combinato ancora nulla di straordinario, sarà che era vestito meglio. È la parte iniziale di presentazione aneddotica dico a Claudio sottovoce, sporgendomi un poco sopra il cappotto che da quando siamo entrati tiene piegato a metà sulle ginocchia unite, le mani infilate nel mezzo della stoffa. È per fare in modo che la gente entri in empatia con lui aggiungo. Mi guarda stupito, sorride, torno a guardare Gianni. Dormiamo un terzo della nostra vita mormoro a Claudio precedendo il venditore che poi continua esponendo l’importanza di un riposo corretto e di un sonno soddisfacente per il benessere di tutti i giorni, l’impressionante numero di ore passate a letto, interi anni della nostra vita, a fare i calcoli.

Le slide scorrono, l’uditorio si agita e borbotta alla vista della foto ingrandita di uno dei milioni di microscopici animaletti che infestano impunemente tutte le nostre suppellettili. Al limitare della mia visione periferica percepisco la testa del mio accompagnatore che si gira un paio di volte verso di me, forse a controllare la mia reazione. Per questo i materiali sono importanti spiega Gianni, occorre che siano anallergici, anti-acari. All’improvviso Claudio mi fissa di brutto, sfila una mano dal cappotto e mi passa la punta dell’indice sul mento, segue piano piano la linea della mandibola e scende sul collo fino alla sporgenza della clavicola. Rabbrividisco, mi volto, gli inchiodo le pupille sul fondo del cranio. Sc-scusa sussurra ritraendosi, devo stare guardandolo peggio che se avesse otto zampe su un corpo molle e trasparente e si nutrisse di forfora. O lo avrei guardato così se mi avesse davvero sfiorato. E invece se ne sta fermo, schiena dritta, e guarda avanti. Non si agita sulla sedia come me quando Gianni chiede al fidanzato della ragazza chiamata a fare da esempio, il permesso di toccarle la schiena per mostrare l’allineamento della colonna vertebrale.

Guardo l’orologio. Chi mi ha invitata aveva assicurato che un’oretta sarebbe bastata, non credo proprio avevo detto, infatti siamo già alla fine della seconda. Il materasso sembra pure buono, né meglio né peggio di tutti quelli di cui mi sono sorbita negli anni le presentazioni. Dai Gianni, ce l’hai quasi fatta, hai recuperato anche qualche punto consigliando il memory foam al posto del lattice che, infatti, non è adatto al clima umido del Veneto orientale. Mezz’ora e sarà tutto finito.

E invece no, hai voluto strafare. Hai mandato sullo schermo un video confezionato ad hoc per sembrare uno di quei documentari scientifici di un noto programma televisivo, è andato in onda qualche anno fa, quando sentirete la voce capirete subito di quale si tratta, hai detto. È una cazzata, è finto dico a Claudio roteando gli occhi. Ah sì? Mi chiede poco convinto. Ma certo gli dico, basta pagare lo speaker. E infatti sono venti minuti di monologo infarcito di dati incontestabili quali “nano-particelle enormemente particolari” a cui fanno da sfondo, in alternanza, atomi colorati, famiglie felici e il logo dell’azienda in questione. Terminata la proiezione Gianni invita quelli che sono interessati all’acquisto ad avvicinarsi, senza dimenticare di dire che sono in vendita anche integratori, creme dimagranti e pantaloncini nel cui tessuto ci stanno le particelle nano di prima. Io e Claudio ci alziamo e usciamo nel parcheggio, la mia macchina è lì in fondo gli dico, potremmo rivederci una sera di queste borbotta dondolando sui piedi. Ma certo, ci vediamo! rispondo salendo in auto, mi sorride, se ne va.

E non ho nemmeno dovuto pagare lo speaker.

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