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La tribù degli uomini e delle donne imbuto

La tribù degli uomini e delle donne imbuto

Persone imbuto

Se li vedi, li riconosci subito: uomini e donne imbuto hanno la tipica forma a Y, come i cromosomi maschili. Sono fatti ad imbuto, appunto. O meglio, non so se è questione di forma o di atteggiamento, forse più di quest’ultima.

Si atteggiano a otri che la pioggia dell’altrui generosità riempirà copiosamente.

Sono, infatti, in costante atteggiamento ricevente: ricevono consigli (spesso richiesti), ricevono aiuto, ricevono favori (talvolta denaro o lavoro), ricevono informazioni, ricevono contenuti, idee, stimoli e like sui social.

Ricevono e non danno nulla. O quasi.

In barba al principio di reciprocità di Robert Cialdini, che afferma “Non devi prendere dagli altri, senza dare prima qualcosa in cambio”, i membri della tribù degli uomini e donne imbuto ritengono – più o meno consapevolmente – che il loro scopo sia prendere, avere, ottenere, guadagnare. Ma dare, no, non è contemplato.

Cominciate a riconoscerli, a distinguerli nella massa degli amici e colleghi e conoscenti?

Vi faccio qualche esempio.

Sono quelli e quelle che non compongono mai il tuo numero di telefono – fatica che oggi è ridotta a zero dalla funzione rubrica -, ma, quando ti incontrano, è facile che ti accusino di non farti mai sentire.

Sono anche quelli e quelle che si emozionano ogni volta che ricevono un regalo per il proprio compleanno, ma loro del tuo non si ricordano mai. “Non è cattiveria” – ti dicono – “è che proprio io non ho memoria”.

Oppure sono quelli e quelle che curiosano nella tua vita attraverso i social, ma non ti lasciano mai un like o un commento, e quindi tu ignori la loro presenza, ma quando ti vedono, ti dicono come prima cosa: “Certo che ne fai di cose, sei sempre in giro!”

Dove trovarli?

I social sono popolatissimi di uomini e donne imbuto, che si nutrono delle vite altrui senza dare nulla, né storie, né contenuti, né valore. Loro godono a sbirciare dal buco della serratura. Hanno anche un nome: lurker, ma forse questi ultimi sono solo timidi e, in fondo, innocui.

E ancora, sono quelli e quelle che introduci nella tua rete professionale, a cui offri spazio e visibilità sul tuo sito e sulle tue pagine social, che coinvolgi negli eventi. E loro? Non fanno nulla.

Mai una iniziativa, un’idea, un input. Neanche un sussulto.

Partecipano ai progetti solo se coinvolti e retribuiti, ampliano la loro rete con i tuoi contatti, ma non ti presentano mai nessuno; colgono le opportunità che ritengono interessanti, ma non ne creano.

Prendono e non restituiscono nulla

Con termini poco lusinghieri vengono definiti parassiti, ingrati, scrocconi, ingordi, approfittatori.

Dei membri di questa nutrita tribù avevo già parlato, indirettamente, descrivendo il paradosso della disponibilità, la cui sintesi è: più tu dai, meno ottieni da loro.

“Attenta, veleno! Che… se ti mordi la lingua!…” mi diceva anni fa un mio amico, quando gli apparivo troppo pungente. Ridevo e sapevo che, in parte, aveva ragione.

Allora, faccio un passo indietro.

Assumiamo che uomini e donne imbuto siano veramente inconsapevoli di tali comportamenti. Come possiamo aiutarli a sviluppare consapevolezza e magari a essere più generosi e paritari nelle relazioni?

E, ammettendo che esista un modo, è compito nostro aiutarli a sviluppare questa sensibilità o la cosa non ci riguarda? Ma, soprattutto, ha senso voler cambiare gli altri o l’unica vera strategia è cambiare se stessi e i propri comportamenti e gli altri e le altre cambieranno di conseguenza?

L’ultima domanda non vuol essere retorica, anzi è molto pragmatica, perché uno dei falsi miti più diffusi in tema di cambiamento è proprio che si possa o si debba cambiare le persone. Quanti imprenditori e manager lo chiedono, ogni giorno, a noi consulenti? Tutti vogliono interventi formativi per cambiare i collaboratori e i dipendenti, quando la prima cosa che si nota, entrando in azienda, è che il pesce puzza dalla testa!

Cambiare gli altri, cambiando se stessi

Con buona pace degli uomini e donne imbuto, quindi, l’unico autentico e utile cambiamento che ognun* di noi può mettere in atto è su se stess*. Possiamo cambiare il nostro modo di sentire, di comunicare, di atteggiarci, di agire, di comportarci, di stare in relazione con le nostre molteplicità egoiche e anche con gli altri e le altre e con il mondo.

Nella sostanza, il vero cambiamento passa attraverso una diversa percezione della realtà, che induce nuove reazioni. “Se cambi il modo di vedere le cose, le cose che vedi cambiano”, diceva Wayne Dyer e questo cambiamento si riverbera sulle persone intorno a noi.

Gli altri e le altre cambiano, spesso inconsapevolmente, in risposta al nostro nuovo modo di comunicare e di agire, in un processo di influenzamento reciproco e continuo.

Ancora una volta, ha ragione quel gran filosofo di Vasco quando canta: “Si può cambiare solo se stessi, sembra poco ma se ci riuscissi, faresti la rivoluzione!”. Pa Ra Pa Pa, Pa Pa.

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