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Quando lo sconosciuto te lo manda per posta

Quando lo sconosciuto te lo manda per posta

Il fenomeno delle foto porno non richieste è sempre più diffuso

Ho appena ricevuto questo messaggio.
È uno dei tanti che ho ricevuto nella vita.

La fotografia allegata è di natura pornografica ed è stata oscurata.

Capita alle donne come me che si sentono bene nel proprio corpo e non hanno timore di parlare della propria sessualità e dell’amore per la seduzione.

Capita anche a chi questo bilanciamento non ce l’ha, e si fa semplicemente delle foto per il piacere di farsi vedere.

Fenomenologia del coglione

Messaggi così sono purtroppo la norma.
Questo genere di approcci social da asociali finiscono nelle caselle di tutte noi.

Ho perso il conto di quanti mi hanno approcciata in questo modo neanche fossi un quarto di manzo da pesare un tanto al chilo.

Perfetti sconosciuti che travalicano la soglia del personale e ti mandano un massaggio diretto convinti di… non lo so. Ditemelo voi di cosa sono convinti, perché anche quando lo chiedo agli uomini, questi qualcuno sono sempre qualcun altro. Eppure c’è, ci deve essere un substrato in cui questa forma di atteggiamento si forgia.

Che cosa infastidisce noi donne? Molte cose, anche quelle apparentemente innocue. Perché i piccoli, microscopici gesti di inquinamento della figura femminile sono molti. Sono tantissimi i dettagli che ogni giorno ci dicono che noi siamo meno, dobbiamo stare al nostro posto, siamo quelle al servizio di qualcuno, mai protagoniste della nostra vita.

Cat calling: perché ti devo sorridere?

Cammini per strada, sei tranquilla, ti fai gli affari tuoi e qualcuno ti fischia dietro.

Ti urla “ciao bella!” e ti chiede di sorridergli.

Se sei una donna, questo ti è capitato almeno un centinaio di volte nella vita. Poco male, direte voi: sono complimenti.

Non esattamente. Entrate una volta tanto nei nostri panni: cammini, ti fai gli affari tuoi e qualcuno ti disturba. Pretende la tua attenzione, ti chiede di essere a sua disposizione sorridendogli perché lui lo desidera, perché tu, donna, sei quella cosa a sua disposizione, fatta per rallegrarlo. Dopotutto perché non dovresti far felice un perfetto sconosciuto che ti sta importunando?

Ma lui è simpatico, e la stronza sei tu, che pretendi addirittura di proseguire sulla tua strada senza prestargli attenzione e senza calcolarlo.

E poi i risvolti li conosciamo. Lo step due è l’insistere se non lo calcoli e poi, immancabili, gli insulti perché non hai risposto a loro, maschi alfa, ai quali dovresti sentirti grata di averti scelta come bersaglio.

Vogliamo sottilizzare ancora un po’? Provate a immaginare cosa si prova ad essere avvicinate in questo modo di notte, o anche solo in una strada isolata.

Perché devo essere cordiale, o peggio, accondiscendente nel continuare a perpetrare il falso diritto a disturbare le donne in questo modo?

Lo so, molti mi dicono “io non ho mica intenti cattivi, non sono mica un maniaco” e invece è tutta lì la riga da tirare per creare il confine tra diritti e non.

È dal momento in cui decidi che mi puoi trattare come una cosa, come qualcuno con meno diritti di te, come qualcosa di debole, di passivo, al tuo servizio per un tuo desiderio, dal momento in cui non mi riconosci come persona, tutto parte da lì.

Vuoi farmi un complimento o mi vuoi abbordare perché hai deciso che vale la pena conoscermi? Ok, facciamo in campo neutro ad armi pari. Trova un modo non forzoso, che mi risulti piacevole. Avvicinati solo in contesti che non mi risultino rischiosi (una cosa è essere avvicinate al tavolino di un bar, un’altra è in un luogo isolato) chiedendo se puoi disturbare, e se la risposta è no, è no. Non ti offendere.

È la vita. Stai entrando in uno spazio mio.

Al lavoro: luoghi dove ti senti dire “si, ma voi donne…”

Ufficialmente a sentire un uomo siamo quelle che hanno la vita facile perché basta una minigonna per ottenere qualcosa, in realtà siamo più qualificate e meno pagate. Abbiamo sempre ruoli inferiori nonostante le competenze.

“Perché non fate qualcosa?” mi sento dire spesso, nonostante le mille lotte femministe, nonostante le proteste.

Ho imparato che vale la pena girare la domanda. “E tu cosa stai facendo perché il diritto delle donne nel tuo posto di lavoro venga rispettato?”

Perché non protesti anche tu?
Perché non lasci spazio o non pretendi che venga lasciato spazio a una collega?
Perché non fai notare quando non ci sono abbastanza donne?

Dire “io non lo faccio, non sono stato io, non è colpa mia” non è abbastanza

Non fare niente significa non alzare un dito perché le cose cambino. Vuol dire che vi va bene esattamente com’è.
E forse sotto sotto per voi va bene così.

Ma se la risposta è un sincero no, per favore, la prossima volta fate qualcosa, perché siete voi uomini quelli in una posizione privilegiata.

E chi è privilegiato deve scegliere: se non fare nulla e partecipare alla cultura patriarcale che vuole le donne perennemente in seconda posizione, oppure fare qualcosa di attivo, perché i diritti delle donne sono i diritti di tutte.

E per favore, smettetela di descriverci come “mogli, mamme, sorelle, figlie”. Prima di tutto siamo persone. Abbiamo una nostra identità completamente  slegata da voi. Fatevene una ragione.

Chiedo alle lettrici che ci seguono: quante volte vi siete sentite in una situazione di disagio o pericolo? È così raro che accada?

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