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Non è facile

Non è facile

Prima o poi morirò, spero sia poi, ma succederà, ne sono certo.

Quando ci penso, mi innervosisco perché mi viene in mente Frank Zappa: “Così tanti libri, così poco tempo”.

Non è questo di sicuro l’unico martello che picchia sul mio sistema nervoso, ma di sicuro contribuisce a farmi diventare ansioso. Così tante cose da provare, tanti posti da vedere, facce da incontrare, mani da stringere o lasciare.

Sì, perché lo so già che non tutto è buono in questa esistenza.

C’è un sacco di merda da spalare. Davide parlo con te.

Davide, te ne sarai accorto, un sacco e ovunque.

Come si accorge l’invecchiato Stanlio in “Triste, solitario e final” di Osvaldo Soriano, quando vuol sapere dal detective Marlowe perché i produttori si siano scordati di lui e come mai nessuno gli offra più un lavoro.

Caro Davide, ci siamo conosciuti un giorno, anni fa, e mi chiedesti qualche parola per tenere duro. Per continuare a darti da fare “matto e disperatissimo” sulle tue passioni.

Ti dissi di guardare lontano.

Di tenere conto dei tuoi figli e nelle tue scelte, di parlare tanto con loro per comprendere e farti comprendere, per rispettarli e dare loro opportunità senza che siano una prigione per te.

Ti suggerii di trovare un supporto attivo nella tua partner e non solo un assenso sui tuoi progetti. Non un: “Ok tesoro, fai pure”, ma un: “Amore cosa posso fare per aiutarti?”

Ti raccomandai di lavorare sempre su un piano B, che ti permettesse di non perdere la dignità nei momenti bui e ti proposi di risparmiare sempre qualcosa, per non doverti inginocchiare di fronte all’arroganza.

Ti dissi che nonostante fossi in un posto geograficamente scomodo e ai margini, potevi fare arrivare i tuoi messaggi ovunque, a patto che fossero frutto di un travaglio interiore e di coraggio intellettuale oltre che di vero interesse per la materia. Ti raccomandai di mettere nello zaino la voglia di alzarti un’ora prima e andare a dormire un’ora dopo di quelli che stimi di più.

Però ti mentii su qualcosa, anzi omisi qualcosa. E spero che adesso che sei arrivato al Campo Base del tuo progetto spero che mi perdonerai.

L’ho fatto perché avevo capito che saresti arrivato alla fine del primo pezzo importante di strada, con il tuo carico di dubbi e perplessità e paure e timori ma che era necessario dotarti di quella sfrontatezza che solo la gioventù e una certa “ignoranza” dei pericoli portano con loro.

Omisi di dirti che è proprio difficile emergere e che oltre a questo avresti incontrato animi malevoli che ti avrebbero tenuto la testa sott’acqua spacciandolo per un aiuto per imparare a nuotare.

Nascosi di farti notare che la disperazione è sempre più popolare e a buon mercato della fiducia e si pagano più i profeti di sventure che quelli che portano buone notizie.

Tacqui sul costo enorme da pagare quando avresti dovuto dire: “No amore, il papà per ora questa cosa non la può comprare e nemmeno può venire alla riunione insegnanti, perché ha un cliente, ma viene la mamma e poi mi racconta, ti voglio bene tesoro”.

Perché questo succede sempre a chi naviga in acque aperte per cercare qualche sirena che nessuno ha mai visto. Ma sai una cosa Davide? Ho fatto bene. Per due motivi. Uno è che te ne sei accorto da solo. L’altro è che così quando te ne sei accorto, eri già così lontano dalla riva che non hai potuto fare altro che nuotare al tuo meglio.

Sei un cavallo di razza Davide e questo impegno che ti sei preso nel parlare di cambiamenti e suggerire percorsi, senza pontificare ma leggendo, scrivendo e facendo sta dando risultati.

Un giorno, dopo alcuni anni dalla tua telefonata, seguita da un reciproco silenzio, mi dicesti che avevo fatto una cosa bella per te al tempo. Mi dicesti che ti avevo ascoltato e dato gli spunti e l’energia per avventurarti lontano quando non ci credevi.

L’ho fatto perché avevo l’intima speranza di vedere un giorno la dimostrazione che chi non si fida di quelli che vengono dopo ha torto. E che il mondo non si ferma mai. E che le persone hanno anche bisogno di qualcuno che creda in loro per dare il loro meglio. E anche di un po’ di avventatezza.

Vai Davide. Parlaci ancora di Pixel in crisi e raccontaci che non è finita qui.

Anche se prima o poi morirò. Questo è certo, anche se spero che sia poi.

Un abbraccio, Seba

Note: pubblicato originariamente su Pixel in Crisi puoi scaricare un breve estratto gratuito da qui

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