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Alexa mon amour (o la voce del progresso digitale)

Alexa mon amour (o la voce del progresso digitale)

È da poco uscita la nuova generazione di prodotti Echo di Amazon, con una versione di Alexa sempre più integrata e realizzata apposta per il mercato italiano.

Parliamo naturalmente dell’assistente virtuale dell’azienda di Jeff Bezos, che fa parte dell’affollata famiglia delle varie Siri (Apple), Cortana (Microsoft), Google Now, AliGenie (Alibaba) e Bixby (Samsung).

L’utilizzo del dispositivo è semplice: tu chiedi e lui (lei) risponde, reagendo a ogni tipo di richiesta (fino a 40’000 diverse abilità, a credere al produttore).

https://youtu.be/J6-8DQALGt4

È lecito domandarci: siamo veramente così impegnati nella nostra vita da aver bisogno di un’assistente che svolga per noi piccoli lavoretti come creare un promemoria, una nota, mettere su una canzone o svegliarci alla tal ora? Sono infatti queste le tipiche mansioni che gli 8,2 milioni di consumatori che hanno acquistato un prodotto Echo chiedono ad Alexa più spesso.

Di nuovo: siamo veramente arrivati al punto che preferiamo l’efficienza di una macchina piuttosto che l’errore umano?
Pensando a questa situazione mi viene in mente il film Lei di Spike Jonze (2014), in cui, in un futuro non troppo distante, il protagonista, interpretato da Joaquin Phoenix, si innamora perdutamente della sua assistente virtuale.

Fantascienza, finzione o profezia? Sicuramente non siamo ancora all’innamoramento dell’uomo sulla macchina, o forse sì?
L’azienda nipponica Gatebox afferma di aver celebrato in Giappone più di 3’700 matrimoni “cross-dimensionali”, ovvero tra un essere umano e Hatsune Miku, una famosa popstar che ha due piccole peculiarità: ha solo sedici anni ed è… un ologramma.

A ben pensarci, la situazione attuale è quasi un paradosso: non parliamo con i nostri coetanei ma ci rivolgiamo ad un computer.
Facciamo fatica ad alzare lo sguardo quando qualcuno ci chiede qualcosa ma chiediamo ad un software ogni tipo di informazione. In alcuni casi, estremi, godiamo della compagnia di una proiezione tridimensionale che ci augura la buona notte e che spegne le luci.

L’utilizzo della nuova tecnologia è indubbiamente una comodità, un modo per agevolare certi nostri bisogni, tuttavia lasciamo che la macchina faccia il suo lavoro e noi cerchiamo di goderci i piccoli momenti della nostra vita con le persone che ci accompagnano nel quotidiano, con i nostri cari, soprattutto con i nostri bimbi. Insomma cerchiamo di restare umani.

Non perdiamo le relazioni fisiche, non perdiamo la birra con i nostri, amici lasciando il posto alle chat di gruppo.

Non permettiamo che sia un computer a decidere le “persone che potresti conoscere” e lasciamo che l’algoritmo svolga il suo lavoro, ma ogni tanto chiudiamo quel monitor, blocchiamo quello schermo e guardiamo la realtà delle cose, con i nostri occhi.

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