
Scrittore semplice | Co-Founder Purple&People | Papà di Nicolò, Giorgia,…
Da tre anni mi sveglio ogni giorno alle 6:00, se sono stanco forzo la sveglia per altri 15 o 20 minuti.
Anche Sabato e Domenica, anche a Natale. Quasi tutti i giorni.
Ho detto quasi, non sono un robot.
Ci sono volte che la sera ho fatto davvero troppo tardi, nelle quali ho bevuto quella birra di troppo. E la mattina non è che non senta la sveglia, solo non mi voglio proprio alzare.
Ci sono altri giorni invece in cui già la sera so che l’indomani sarà un’eccezione. E ci sono volte nelle quali sono abbastanza sereno, o colpevole, per perdonarmi.
Ieri sera è una di quelle volte.
Sono andato a letto che era un orario indecente, saranno state le 4. Ho messo la testa sul cuscino ed ho detto va bene così.
È stata una settimana piena, produttiva. Va bene svegliarmi tardi. Va bene qualsiasi orario. Domani va bene.
Stamattina mi sono svegliato come se mi avessero messo in lavatrice. Sono andato in bagno pensando di sbattere o cadere da un momento all’altro.
Ho messo su il caffè con gli occhi chiusi.
Ho passato il mouse sul pc come spizzicando le carte di una mano . 7:59 WOW.
Mi è passato il mal di testa in un attimo. Mi sono sentito bene improvvisamente.
Avevo ancora tempo prima che il paese si svegliasse, prima che i bambini mi saltassero intorno al grido “colazione”.
Mi sono sentito felice come un imbecille.
E mi è venuta in mente una frase di James Altucher, una di quelle che me lo hanno fatto diventare amico.
James dice che la felicità è il rapporto tra le aspettative e la realtà.
Si, so benissimo che non è una teoria di James ma preferisco come la racconta lui più chele formule preconfezionate.
Dice, ci ricorda, che la realtà non possiamo modificarla (non quando si è concretizzata) ma possiamo di volta in volta modificare le aspettative.
Ieri notte mettendo la testa sul cuscino mi stavo perdonando dell’orario indecente al quale mi sarei svegliato. Avevo messo in conto una cosa tipo le 11 o le 12.
Svegliarsi alle 8, nonostante un ritardo di due ore, è stato un brivido di felicità.
Si roba da poco, niente per cui una persona potrebbe lottare, ma non è questo il punto.
Sacrifici, risultati e felicità
Svegliarmi presto o tardi, l’episodio di oggi è una cosa di poco conto. Solo la scusa per iniziare a parlarne.
La situazione si complica (ma diventa anche più interessante) quando iniziamo a mettere insieme aspettative, realtà, e sacrifici.
Ieri parlavo con un amico che ha appena fatto un colloquio di lavoro. Gli hanno proposto un posto. L’azienda è 100 volte meglio di quella attuale; potenzialmente si tratta di un miglioramento esponenziale.
Il problema è il “Potenzialmente”.
Ragionandoci insieme ci sono ottime probabilità che si riveli una scelta azzeccata, ma anche qualche possibilità che non succeda nulla, forse persino che si riveli un peggioramento.
Ciò che mi ha fatto pensare è il modo con il quale sta valutando l’opportunità. Siamo stati almeno 40 minuti a parlare di sacrifici.
Lui si dice pronto e disposto a sacrificarsi ma a patto di adeguate ricompense (leggi rassicurazioni).
Sembra legittimo ma non ha senso.
Sacrificio o scambio?
Se lavori 12 ore anziché 8 a fronte di uno stipendio più alto del 30 o del 40% non è un sacrificio. Stai scambiando più tempo con più soldi. Se fai una trasferta di 1000 km per prendere dei soldi, è uno scambio.
Un sacrificio è fare qualcosa che potrebbe non ripagarti.
Si vede sempre il termine in modo negativo (e non dico che non lo sia) ma sacrifico in fondo non è altro che un investimento, una scommessa nella quale punti forte su di te.
Se fai solo quello che funzionerà di sicuro non è un sacrificio. E quasi sempre in gioco non c’è qualcosa di così importante. Dare prima di ricevere è la scommessa per eccellenza.
Dai attenzione, dai affetto, dai tutto te stesso, investi su te stesso. Non sai se ti ritorna indietro, come e quando.
Ma non ha importanza. Se ci credi.
Qui rientrano in gioco le aspettative.
Se ogni minuto vai a contare i soldi che hai guadagnato, le cose belle che ti sono successe, sarai sempre scontento. Dietro invece ci dev’essere qualcosa di così grande da non starci a pensare.
“Faccio volentieri questo sacrificio…”
Solitamente è una frase fatta, si parla ancora di scambi.
Amare il sacrifico è diverso. Significa che sacrificarti ti fa stare bene e quello che arriva è tutto guadagnato. Ciò che accadrà domani non possiamo saperlo. Ma sacrifici ed aspettative non riguardano domani ma oggi.
Ed oggi è dove possiamo intervenire. Essere felici forse dipende da questo. Da come viviamo ciò che stiamo facendo oggi. Prim’ancora che ci succeda qualcosa di bello o di brutto.
Svegliarsi presto, le relazioni, raccontarsi, essere diverso…
Sono le 9:20 e sto pensando ad alcuni sacrifici che ho fatto negli ultimi 3 anni. In questo preciso momento sembra che qualcosa mi stia tornando indietro. E sono più felice del normale.
Non è che non mi aspettavo che funzionasse; solo non mi aspettavo necessariamente qualcosa, o qualcosa in particolare, o qualcosa entro un certo termine.
Ho iniziato a svegliarmi presto per avere tempo di leggere, di scrivere e di pensare. Per avere più tempo per me. E si, anche perché I saggi dicono che faccia bene e renda più produttivi. Ogni giorno mi sono sentito meglio ma solo perché mi è bastato il canto degli uccellini e l’assenza di rompicoglioni intorno. Non per un risultato magico che si doveva verificare.
Un’altra cosa che ho fatto è investire tutto nelle relazioni. Anche on line ho cercato di parlare ogni giorno con più persone possibili.
Dirigenti, coach, scrittori, persone che fanno un lavoro normale o che l’hanno perso. Quasi sempre non avevo in mente cosa potevo averne in cambio ma ogni giorno sentivo stesse succedendo qualcosa.
E senza preavviso, di tanto in tanto, mi è arrivato un nuovo lavoro, un invito ad un evento, una lezione gratuita, un’opportunità. O anche solo una pacca sulle spalle quando ne avevo bisogno.
E poi c’è il capitolo “raccontarsi”. Qui è dove le aspettative giocano una parte cruciale. E soprattutto dove il sacrifico ha un ruolo cruciale.
Raccontarsi per certi versi è un grande sacrifico. Significa perderci del tempo, mettersi a nudo, sentirsi “strano”, esporsi al giudizio di migliaia di persone. E molte di queste non solo non penseranno qualcosa di buono ma non ti diranno neanche ciò che pensano, che è peggio.
Di contro ci sono benefit meravigliosi…
Ma non bisogna affatto pensarci. Ecco il segreto.
Ed ecco perché tante persone pensano che il web non funzioni, che non ne vale la pena, iniziano e si fermano.
Se scrivi per portarti a letto le ragazze (a meno tu non sia Charles) non funziona. Non è per niente corretto.
Raccontarsi è semplicemente dare. Dare, dare, dare, prima di ricevere e mettendo in conto che potresti anche non ricevere nulla.
Anche qui si tratta di sacrifici ma non di scambi.
Come si riesce? Credendoci abbastanza, dandosi una chance di fare qualcosa di più grande.
Smettendola di scambiare te stesso con qualche moneta, con qualche like, con qualcosa che sembra pagarti ma ti sta semplicemente comprando.
Cosa ne pensi?

Scrittore semplice | Co-Founder Purple&People | Papà di Nicolò, Giorgia, Quattro (Schnauzer) e Pixel in crisi (libro) Aiuto le persone a trovare-raccontare-vivere il proprio scopo. Qualcuno parlerebbe di Personal Branding ma preferisco dire “Posizionamento personale”. (Perché non riguarda affatto solo il tuo lavoro e perché l’obiettivo è vivere pienamente e non essere scelti da uno scaffale.)