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95. Lettera a un morituro

95. Lettera a un morituro

dormire

Lettera a un morituro.

– Tutte le notti mi corico coprendomi le labbra col lenzuolo. Questo, un po’ per gioco, un po’ davvero, mi fa sentire invisibile, un’ombra capace di fluttuare nella notte, appena percepita. È un semplice gesto che mi permette di sentirmi solo: quella solitudine positiva, un ritiro che non è un isolamento. D’altronde, possiamo davvero isolarci da questo mondo, non dipenderemo sempre da esso, sempre gli uni dagli altri? Io accetto la mia condizione di uomo solo e questo mi permette di amare più a fondo la mia donna, così come i nostri figli. Lo sento davvero. E la notte, coprendomi le labbra con il lenzuolo, torno solo, come nel grembo della Grande Terra. Sono consapevole della caducità di questo corpo, come delle mie labbra e del mio lenzuolo. Mentre una voce nelle profondità del mio cuore continua a chiedermi “qual è la natura della tua mente?”. Di questa natura potrò mai essere davvero consapevole? Un’essenza che non è mai nata e mai perirà, che non è esistenza né vuoto, che non ha colori né forma. Qual è la natura di questa mente? Come posso rispondere, se non con un sorriso coperto da quel velo che chiamiamo Questa Realtà?

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