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59. Soldati dell’umanità

59. Soldati dell’umanità

Storie Zen: monaci soldato

Soldati dell’umanità.

– D’altronde erano monaci, non soldati. È pure comprensibile che non avessero altro da darvi.
– Ma io e tanti altri non ci credevamo. Così, un ufficiale andò dal maestro Gasan, spiegandogli che eravamo soldati, che sacrificavamo le nostre vite per lo Stato e cose così e che, quindi, avevamo bisogno di mangiare secondo certe esigenze, non come loro. Gasan, per tutta risposta, disse che loro erano soldati dell’umanità, impegnati a salvare ogni essere senziente. L’ufficiale non seppe più che rispondere. Ma io non mi rassegnai. Secondo me, loro mangiavano soprattutto quando noi eravamo fuori per le esercitazioni. Così, una mattina mi svegliai molto presto e andai alla loro cucina. Era molto grande ma, in effetti, non avevano molto altro che riso, legumi e ortaggi. Rassegnato, continuai a vagare per il tempio, fino a quando trovai un giardino di incomparabile bellezza.
– Più bello di quello di mio padre?
– Non saprei. Era davvero bellissimo. Dopo un po’, notai un uomo molto anziano che mi fissava chissà da quanto. Aveva un bastone nodoso. Lo salutai ma lui rimase impassibile, sembrava un gatto. Ancora oggi, ogni volta che muoio di fame o altro, penso al viso di quel vecchio e per qualche strana ragione nulla più mi turba.
– Nulla nulla?

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