Ventotto anni, vive in provincia di Firenze, è laureato in…
Qualche settimana fa Simona mi ha inviato questa foto direttamente da Torino, per la precisione dalla stazione di Porta Susa:
La fotografia in questione immortala la porta di un bagno per disabili, riconoscibile dall’apposito cartello affisso che ritrae una carrozzina bianca su sfondo blu, con attaccato sotto un foglio di carta stropicciato e una scritta fatta a mano blu, in tono con l’insegna:
“Per l’apertura del wc disabile recarsi all’addetto del bagno al settore C lato Italo”
Ho scelto di utilizzare questa segnalazione per ricordare quanto, alle volte, anche una cosa che potrebbe essere semplice viene complicata inutilmente, rendendo ancor più avventurosa la quotidianità di chi ostacoli ne incontra già abbastanza. Facciamo dunque una rapida analisi a questa situazione, ma prima occorre fare una premessa.
Il bagno riservato alle persone con disabilità dovrebbe essere ad uso esclusivo loro. Ci sono tipi di disabilità, come ad esempio le persone paraplegiche che hanno dei cateteri, che non possono permettersi di attendere nemmeno trenta secondi in caso di bisogno (ma pensiamo anche alle donne con le mestruazioni che hanno la necessità di cambiarsi un assorbente): immaginatevi cosa succederebbe se anche i così detti “normodotati” andassero in quei bagni, creando un’inutile fila e quindi facendo attendere chi ha una vera urgenza!
È proprio per evitare questo, essendo i bagni per disabili notoriamente più puliti di quelli pubblici (dato il minor numero di utenti) che vengono tenuti chiusi a chiave: perché se lasciati aperti verrebbero ridotti ad uno schifo nel giro di qualche ora e la persona con disabilità non li potrebbe utilizzare (non certo perché schizzinosa ma, anche, per prevenire contagi e infezioni). Se il bagno viene chiuso, e quindi realmente riservato, qualche speranza di trovarlo pulito resterebbe. Ma ora torniamo al cartello…
La prima cosa che salta all’occhio e che viene da chiedersi è: “WC disabile” oppure “disabile recarsi”? Da come è scritto il testo, privo di punteggiatura, non si può capire con certezza assoluta. Una cosa però è certa: in entrambi i casi le espressioni sono sbagliate e irrispettose nei confronti dell’utente! Nel primo caso, si dovrebbe infatti dire “WC per persone con disabilità”, nel secondo invece sarebbe opportuno “la persona con disabilità dovrebbe recarsi”… Insomma, ricordiamo che il termine “persona” dovrebbe venire prima di tutto, dato che nessuno è di per sé “un disabile”: evitiamo di usare le categorizzazioni.
Seconda cosa, è chiaro dal messaggio che ci sia un “addetto del bagno”: perché dunque non lo si trova sul posto, nei pressi del bagno stesso? Perché, in caso di necessità, una persona con disabilità dovrebbe cercare il personale perdendo tempo e facendo strada in più (in questo caso percorrendo più di 150 metri) che per qualcuno può rappresentare una difficoltà ulteriore, specie se non ha un accompagnatore con sé? Un aiuto concreto sarebbe quello di avere un addetto a disposizione ma nei paraggi.
Terzo e ultimo punto, apparentemente pretenzioso ma, in realtà, stiamo parlando della base dell’accessibilità: anziché attaccare alla porta un foglio di carta (rimovibile) sarebbe stato più giusto mettere, se necessario, un cartello fisso, stampato in modo leggibile, magari con la scritta anche in Braille. Non so, forse chiedo troppo…
Detto questo, per chi non lo sapesse, ricordo anche l’esistenza dell’Eurokey, una chiave universale che permettere di accedere a tutti i bagni riservati alle persone con disabilità. A quando, per una vera autonomia, sarà disponibile anche in Italia? O, ancora meglio, se proprio vogliamo far le cose perbene: perché non facciamo in modo che tutti i bagni siano accessibili, sia quelli da uomo che quelli da donna, senza distinzione e senza chiusure, eliminando del tutto il bagno “per disabili”? Solo così, stracciando le etichette, potremo raggiungere una piena inclusione.
Ah, dimenticavo, quanto scritto adesso non è propriamente una “polemica pretenziosa”. In questi casi si potrebbe fare ricorso per violazione della Leggen.67 del 2006, che sancisce il “principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità”. Insomma, prevenire è sempre meglio che curare!
Scrivimi una lettera, uno spunto o una tua riflessione: segnalazioni@iacopomelio.it
Ventotto anni, vive in provincia di Firenze, è laureato in Scienze Politiche (curriculum in "comunicazione, media e giornalismo"). Prova a raccontare le storie degli altri come giornalista, scrittore e attivista per i diritti umani e civili. Vincitore del Premio "Cittadino Europeo" e nominato "Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana" da Sergio Mattarella. Presidente della Onlus #Vorreiprendereiltreno.