
Valentina Maran è nata a Varese nel 1977. È una…
Oggi ho fatto una cosa che per me è importante: ho detto grazie.
Questa settimana per me e mio figlio è stata molto impegnativa dal punto di vista emotivo e fisico: ha solo 5 anni e ha già dovuto mettere l’apparecchio.
Giornata dura, oltre a reggere lo stress emotivo del sopportare un cambiamento tanto importante e invasivo, si è dovuto riabituare a masticare in modo nuovo. Se avete figli con apparecchio o se voi stessi l’avete portato da piccoli capite assolutamente cosa intendo.
Oggi ho detto grazie alla sua maestra perché Giovanni aveva smesso di mangiare e lei è stata fondamentale per fargli cambiare idea.
Non ne voleva sapere: aveva preso così male l’idea di quella ferraglia in bocca che ha fatto giorni senza toccare cibo. E quel che è peggio è che mi ha subito detto che non voleva mangiare all’asilo.
Per fortuna la sua insegnante, Stefania, si è messa lì e ad ogni pranzo – il momento davvero critico del contatto comunitario con gli altri – è stata accanto a lui, e con pazienza gli ha tagliato il cibo, ha avuto l’accortezza di trovare le parole giuste e i modi per spiegargli e fargli capire come masticare. Gli ha fatto prendere il momento della pulizia dei denti con allegria.
“Sai mamma, abbiamo riso tanto perché la Stefy mi ha fatto il solletico in bocca con lo spazzolino!” mi ha detto all’uscita da scuola l’altro giorno.
Stamattina le ho scritto un messaggio ringraziandola, perché credo che sia doveroso riconoscere il merito di qualcuno quando fa il proprio mestiere bene, e lei lo ha fatto con una dedizione che è andata ben oltre il suo ruolo.
Nella vita mi è capitato spesso di ringraziare: la gratitudine è un atteggiamento positivo, di crescita. Spesso tutto è dato per dovuto, per assodato.
Se fai il tuo lavoro dai per scontato che debba essere fatto bene, e questo è ovvio, ma capita anche che un grazie ti motivi la giornata, ti faccia sentire con precisione che quello in cui riponi sforzi e passione sia davvero la cosa che stai facendo nel miglior modo possibile.
Ringraziare è doveroso.
Perché si ringrazia poco?
Al netto del buon che ho fatto nella vita ho sempre ricevuto pochi ringraziamenti. Più probabile beccarsi un cazziatone quando le cose non filano esattamente lisce. Eppure negli anni ho imparato che dire grazie rende saldi i rapporti, invoglia a fare di più, rende il clima lavorativo molto più disteso e la cooperazione diventa automatica.
Curioso che una pratica tanto positiva e costruttiva venga utilizzata poco.
Invece viene presa per debolezza, come se dire grazie a collaboratori e partner possa togliere di credibilità il proprio ruolo.
Dire grazie non è da deboli: è da giusti.
Di contro: continuare a tartassare le persone facendo notare solo quello che non va senza dare note positive quando serve crea stress e livore nei gruppi di lavoro.
Io ho imparato che in un lavoro, per quanto gestito singolarmente, non viene mai fatto da una persona sola. Viene fatto da chi ti passa il brief, da chi discute con te, da chi poi dovrà presentarlo. È fatto dal cliente che ti dà fiducia e ti chiede di risolvergli un problema.
È fatto da tutti quelli che rendono possibile arrivare puntuali a una presentazione. E no, non è sempre così ovvio che facciano ciascuno il proprio.
Grazie è quella parola che – il giorno in cui per qualche motivo qualcosa non dovesse andare dritto – verrà ricordata da chi ti può aiutare e in qual momento metterà quel tassello, farà quella telefonata, farà più in fretta che può, aggiungerà quel non dovuto che però permetterà di fare la differenza, e questo in risposta alla gratitudine che hai dimostrato nell’ apprezzare il suo lavoro la volta prima.
È gratis. Non costa nulla, ma costruisce molto
Lo faccio anche online, dando più visibilità che posso ai lavori ben fatti. Perché voglio che si sappia quando qualcosa è gestito bene. Ho dato anche una sorta di titolo ai miei post con questo contenuto.
[quando qualcuno è bravo glielo devi dire] – li intitolo sempre così.L’ultima volta è stata per la strada di casa che l’amministrazione comunale mi ha rifatto.
Potrebbe sembrare ovvio che un’amministrazione pensi ai propri cittadini, in realtà era da circa 20 anni che la strada in terra battuta non veniva rimessa in piano, i tombini ormai erano tremendamente sporgenti e attraversarla in auto era una gimcana.
Questa amministrazione appena ha avuto la possibilità l’ha inserita nelle cose da fare e finalmente abbiamo una strada che si può dire tale.
Ho ringraziato pubblicamente.
L’ho trovato giusto perché c’è stata attenzione alle nostre necessità e nel tempo hanno trovato modo di porvi rimedio.
La maggior parte delle persone invece ha commentato con un “siamo sotto elezioni” , “era ora un altro po’ che aspettavano”. Ecco, io credo che imparare a costruire anziché distruggere serva a creare dialogo. Che sia importante smettere di comunicare prima l’odio che la gratitudine.
Che sia fondamentale tornare a una condivisione che parta dal positivo, senza dimenticare ovviamente che anche la discussione, la critica e il confronto servano, ci mancherebbe. Ma stiamo attraversando un periodo di parole violente, cariche di diffidenza, di malumore, dove tutto è dipinto di nero. E quando provi a costruire ti danno del buonista.
Ecco, io credo che, in un ambito così negativo, così intriso di pessimismo, ringraziare sia un atto rivoluzionario.
Quindi grazie.
Diciamolo senza paura. Diciamo bravo o brava a chi lo merita. Rendiamo pubblici i nostri sentimenti positivi.
Credo che sia molto più bello avere ragione con cortesia che avere successo con prepotenza.
Voi ringraziate? Come vi ponete nell’ambito social? Vi lasciate andare più alle critiche che alla costruzione positiva?
Cosa ne pensi?

Valentina Maran è nata a Varese nel 1977. È una copywriter freelance. Si è formata nelle più grandi agenzie di comunicazione milanesi e dopo un trionfale licenziamento ha scritto “Premiata Macelleria Creativa” (Fandango 2011). Scrive per riviste, committenza privata, blog di ogni tipo e si occupa prevalentemente di questioni di genere, femminismo, parità di diritti nella comunicazione. Con la sua socia Vanessa Vidale ha una piccola agenzia di comunicazione che si chiama NoAgency dalla quale non può licenziare nessuno, tranne se stessa. Da anni è docente in corsi ITS e IFTS post diploma dove insegna creatività.