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Il tuo curriculum mi parla di te?

Il tuo curriculum mi parla di te?

Ho sempre considerato l’invio di CV ed il monitoraggio degli annunci di lavoro come la strada maestra per trovare una nuova occupazione. In effetti è con un’auto-candidatura che ho trovato il primo lavoro.

Da lì in poi tutto è stato molto confuso, ma le migliaia di CV inviati durante i primi anni sono stati un enorme spreco di tempo: quasi nessuna risposta, rarissimi colloqui, nessun risultato chiaro.

Ho sempre dato la responsabilità al mio CV: troppo vecchio, voto di laurea troppo basso, esperienze in aziende poco conosciute fuori dell’ambito locale; mi interrogavo e davo a me stesso, al mio passato, la responsabilità del fallimento.
Gli anni sono passati, le esperienze si sono accumulate, i canali di contatto con le aziende si sono diversificati: contatti tra imprenditori, una buona impressione fatta in una vecchia selezione, un’esperienza di lavoro in comune, un amico o un “concorrente” che consigliava le mie competenze.

In qualche modo ho visto mutare anche il mondo del lavoro: più che una specializzazione, ha cominciato a contare l’esperienza i diversi ruoli e settori, la faccia tosta con cui uso le lingue straniere anche se non le padroneggio alla perfezione, l’energia con cui affronto nuove sfide.
Questo era il dialogo che facevo con me stesso per auto-convincermi, ancora una volta, che quello che non aveva funzionato in passato era la mia storia, non il mio approccio.
Poi ho cominciato a studiare e mi sono trovato davanti questo dato sorprendente:

Peso e Canale di ingresso

33,1%  Amici, parenti, conoscenti
20,4% Auto-candidatura (invio CV, contatto diretto con l’Impresa,…)
9,9% Contatti nell’ambiente lavorativo
9,1%  Iniziative legate all’avvio di un’attività autonoma

2,6% Lettura di offerte di lavoro sulla stampa
3,4% Centri per l’impiego ed altri servizi pubblici
5,6% Agenzie di lavoro interinale
10,0% Concorsi pubblici
3,7% Scuole, Università e istituti di formazione
1,4% Società di ricerca del personale e consulenza del lavoro

(Fonte: rapporto ISFOL 2016 su dati ISFOL Plus 2014)

Scioccante: sono dati ufficiali; ISFOL, oggi INAPP, è un’emanazione del Ministero del Lavoro e certifica che ho sbagliato tutto: quello che sono, quello che ho fatto, come mi presento, conta molto di più di quello che un recruiter possa desumere dal mio CV.
In particolare questa tabella certifica che le relazioni umane, la rete di contatti che ho costruito nel corso degli anni, è fondamentale, e per me, che ho superato i 50 anni, è una buona notizia, perché ho avuto un periodo lunghissimo per costruirla.

Partendo da questo dato comincio a rivedere le mie convinzioni e a pormi ulteriori domande:

  • come ho seminato nel corso di questi anni?
  • quante persone ho conosciuto che metterebbero la loro faccia per referenziarmi?
  • che idea di me si farebbe una imprenditrice, un imprenditore incontrandomi?

Per rispondere a queste domande devo fare uno sforzo per mettermi nei loro panni:

  • come mi valuterebbe un* collega con cui ho lavorato?
  • come parlerebbe di me una persona con cui sono stato in contatto per questioni di lavoro?
  • cosa cerca l’imprenditrice, l’imprenditore a cui mi sto rivolgendo?

Preparare una lettera di presentazione, un elevator pitch [1], un CV efficace significa rispondere a queste domande.

E qui arriva la prima criticità:
posso rispondere sinceramente a queste domande, ed avere ancora delle possibilità, o devo lavorare su me stess*?

La mia risposta è stata, naturalmente, “Roberto, devi lavorare su te stesso”:

  • se è vero che noi siamo la media delle 5 persone che frequentiamo più spesso, che effetto hai avuto su chi ti stava attorno al lavoro? sei stato capace di indicare una strada per superare le difficoltà in cui vi trovavate o sei stato un peso lamentoso?
  • sei stato sincero con clienti e fornitori, anche quando le cose andavano male? hanno visto il tuo impegno per migliorare la qualità della loro vita lavorativa?
  • sei capace di ascoltare, dando almeno lo stesso peso delle tue idee a quelle di chi ti sta di fronte?

Sorprendentemente non c’è nessuna competenza tecnica (hard skill) in queste domande: la relazione con l’altr* passa principalmente per le competenze trasversali (soft skill), e solo alcune di esse si possono veicolare in un CV: conta di più la capacità di narrare di noi, della relazione che abbiamo avuto o della relazione che potremmo avere, di quello che ci entusiasma, degli obiettivi in comune:
come posso parlarti di noi, se non ti conosco?

Mi è più chiaro, ora, perché mandare CV a pioggia è come sperare di vincere la Lotteria Italia: come posso parlarti di noi, se ti tratto come chiunque altro, se non mi sforzo di conoscerti, di costruire una relazione?

Oggi guardo anche a come ci muoviamo su LinkedIn, la piattaforma per eccellenza per cercare lavoro: che senso ha riempire solo la parte anagrafica, solo il CV? che senso ha postare la versione in PDF del proprio CV? che senso ha implorare un lavoro quale che sia?

Capisco, sento sotto pelle, la disperazione che provoca trovarsi più o meno improvvisamente senza una fonte di sostentamento. Empatizzo.
Ho smesso, però, di combattere una battaglia inutile: se non ti fai carico del tuo Valore, chi lo farà per te?

 

Nota: cos’è un elevator pitch?
[1] è una presentazione sintetica di un tuo progetto o di te stess*: immagina di trovarti in ascensore (“elevator”) con la persona che può realizzare il tuo sogno lavorativo; hai il tempo della permanenza in ascensore per presentarti: come lo usi?

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