All’età di tre anni ho deciso di diventare vegetariano; in…
In un mondo sempre più globalizzato, la conoscenza delle lingue assume un’importanza sempre maggiore, al punto che… la si dà per scontata. Per questo motivo, può essere utile adottare dei sistemi di notazione riconosciuti a livello internazionale per valorizzare le proprie competenze. E tra l’altro: non dimenticate di indicare anche la vostra lingua madre.
La scala di riferimento europea
L’Europa si è dotata di un Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER), con lo scopo di descrivere il livello di padronanza di una lingua. I livelli sono 6. Vediamo quali:
A1 – Livello di base
È l’equivalente delle… beh… “conoscenze di base”: non lo menzionerei neppure nel CV.
A2 – Livello elementare
È l’equivalente delle “conoscenze scolastiche”. Si comincia a fare conversazioni semplici su argomenti comuni. Non sempre è utile menzionarlo nel CV.
B1 – livello intermedio
È l’equivalente di “conoscenze discrete”. La persona è in grado di scrivere testi semplici e di parlare delle proprie esperienze; è il livello minimo richiesto dalla maggior parte delle scuole universitarie.
B2 – livello intermedio superiore
È l’equivalente di “buone conoscenze”. La persona capisce le conversazioni tecniche nel proprio dominio di competenza, può scrivere testi argomentativi e si esprime in modo naturale.
C1 – Livello avanzato
È l’equivalente di “conoscenze molto buone”. La persona è autonoma in ogni ambito (sociale, professionale e accademico), sa scrivere testi complessi e parla in modo sciolto.
C2 – Livello di padronanza della lingua in situazioni complesse
Questo e solo questo è l’equivalente di “ottime conoscenze”. Troppo spesso vedo dei B1 che pensano di avere una padronanza ottima solo perché capiscono il 70% di una conversazione. Al livello C2, la persona ha una conoscenza simile a quella di un nativo (e a volte persino superiore, per quanto riguarda la grammatica) ed è in grado di cogliere le più sottili sfumature di significato e i giochi di parole, anche in situazioni complesse
Le certificazioni
Per eliminare ogni dubbio sul vostro livello di conoscenza di una lingua, l’ideale è poter fornire una certificazione linguistica riconosciuta.
In questo ambito, negli ultimi anni abbiamo assistito a una democratizzazione dei processi di certificazione. Istituti prestigiosi come il Goethe hanno stretto degli accordi con aziende che offrono dei test “paralleli” che hanno come obiettivo quello di valutare il livello di conoscenza di una persona, senza necessariamente certificarne le competenze.
Il più popolare è probabilmente il BULAT, che permette di testare le conoscenze in spagnolo, francese, inglese e tedesco. Potete trovare qualche informazione supplementare qui.
Se non avete una certificazione e non intendente farne una, il mio suggerimento è quello di utilizzare comunque il quadro di riferimento europeo. Online troverete parecchi test di orientamento, soprattutto legati a delle scuole di lingua: non valgono come attestato (e quindi non vanno citati nel CV) ma per lo meno vi daranno un’idea più precisa del vostro livello linguistico e di come notarlo nel curriculum.
Le esperienze all’estero
Qualsiasi esperienza professionale o di studio all’estero è sempre da menzionare, idealmente nello stesso posto dove indicate le conoscenze linguistiche. A noi selezionatori colpisce sempre… e ci piace distinguere tra il tipo da Inghilterra e quello da San Diego 😉
Ad esempio:
Francese: Conoscenze molto buone (livello C1)
Era la mia lingua ufficiale di lavoro, per tre anni, presso France Telecom.
Cosa ne pensi?
All’età di tre anni ho deciso di diventare vegetariano; in seconda elementare, la maestra ha convocato i miei genitori perché “non era normale” che un bambino conoscesse tutti i nomi dei funghi in latino; a 13 anni ho amato per la prima volta senza sapere che non era amore; a 15 ho smesso di fare decathlon perché odiavo la competizione; ancora minorenne, sono stato processato da una corte marziale. A 20 anni mi sono sposato e a 23 ho divorziato; a 25 anni dirigevo una start-up che ho fatto fallire; a 29 ho avuto la meningite, sono morto ma non ho saputo restarlo. A 35 anni ho vissuto una relazione poliamorista e sono diventato padre di figli di altri. A 42 mi sono licenziato da un posto fisso, statale e ben pagato per fondare l’Agenzia per il Cambiamento Purple&People e la sua rivista Purpletude. A parte questo, ho 20 anni di esperienza nelle risorse umane, ho studiato a Ginevra, Singapore e Los Angeles, ho un master in comunicazione e uno in digital transformation e ho tenuto ruoli manageriali in varie aziende e in quattro lingue diverse: l’ONG svizzera, la multinazionale francese, le società americane quotate in borsa, la non-profit parastatale. Mi occupo soprattutto di comunicazione del cambiamento, di organizzazioni aziendali alternative e di gestione della diversità – e scrivo solo di cose che conosco, che ho implementato o che ho vissuto.