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Achille Lauro e Gucci: te lo devo dire che è pubblicità?

Achille Lauro e Gucci: te lo devo dire che è pubblicità?

  • La performance di Achille Lauro ha avuto una grande eco mediatica
  • Il brand Gucci ha veicolato il suo messaggio meglio di tutti
  • Nulla è stato lasciato al caso: è una campagna pubblicitaria strutturata (e efficace)
Achille Lauro in Gucci

Achille Lauro in total outfit Gucci al Festival di Sanremo è stato l’evento mediatico del mese, probabilmente lo sarà dell’intero anno.

Oltre alla polemica delle donne un passo indietro, dove la Rai ci ha riconfermato per tutto il tempo che quello delle donne è un ruolo accessorio, è arrivato Achille Lauro a dare uno scossone a un Festival francamente noioso.

Gucci si è visto, gli altri stilisti no

Non è una novità che i cantanti si affidino a delle maison per essere vestiti, anzi, guardandone alcuni era addirittura possibile indovinare lo stilista o intercettare il brand, come i bellissimi abiti di Elodie dalle scollature geometriche di Versace; eppure di nessuno si è parlato tanto quanto di Achille Lauro. Era vestito bene? Non secondo i soliti canoni.

Ha fatto qualcosa che non si è mai visto? I cantanti negli anni si sono esibiti con mise anche più eclettiche e strane. E allora? Allora ha fatto qualcosa che non si era ancora visto: trovare un concetto e cavalcarlo per tutte e 4 le serate, adattando le performance sia a livello estetico, sia a livello mediatico pubblicitario.

Me ne frego è stato il leitmotiv che ha guidato tutto: dal red carpet alla serata conclusiva, tutto è stato studiato e misurato per rendere memorabile e riconoscibile il concetto. Su ogni media. Palco compreso.

Esattamente come una campagna pubblicitaria

Quello che è avvenuto a Sanremo è esattamente quello che in genere noi pubblicitari facciamo coi prodotti, solo che in questo caso si è usato un media nuovo: una performance su un palco.

Tutto è stato eseguito secondo criteri classici:

  1. Teaser – red carpet con accenni minimi a quello che sarebbe successo.
  2. Teaser sui social – sul profilo di @AchilleIdol sono comparse delle stories che avevano come fil rouge questi tarocchi misteriosi che davano dettagli molto ambigui sul personaggio preso come spunto.
  3. Lancio – l’esecuzione della prima serata – svelo il concept – ovvero la canzone Me ne frego – e lancio quello che sarà il mood delle serate: un personaggio che ha fatto del “fregarsene” un modo di essere.
  4. Campagna Social – appena terminata l’esibizione sui canali di Achille Lauro sono comparse le foto di altissima qualità, della campagna pubblicitaria targate Gucci.
  5. L’uscita delle altre multisoggetto: la campagna che prosegue per le quattro serate creando una multisoggetto – 4 personaggi diversi che incarnano i valori di libertà, anche sotto il punto di vista dell’identità sessuale oltre qualsiasi stereotipo.

Per le sere successive sui social il meccanismo è il medesimo: teaser con accenni al personaggi misterioso, gli utenti dei social, che a questo punto hanno capito il gioco, che si sbizzarriscono per indovinare il personaggio citato; pubblicazione in tempo reale del contenuto editoriale appena terminata l’esibizione.

A chiusura del festival, sempre sui social, i ringraziamenti con tag diretti agli esecutori di tutto e la spiega a cappello di quello che è stato il progetto.

Una vera e propria campagna pubblicitaria gestita secondo le modalità più corrette, perfettamente coordinata, che ha usato il media nuovo del palco di Sanremo per far passare valori importanti che nessun altro, durante il Festival, è riuscito a far passare nonostante le buone intenzioni.

Ha fatto più Achille Lauro vestito da regina Elisabetta, mentre bacia il suo chitarrista, che il più struggente monologo sulla violenza contro le donne o le gag per farsi perdonare il passo indietro.

Il brand non si è visto ma c’era, ha fatto notizia, ha monopolizzato il palco. Gli accessori sono andati a ruba – prime tra tutte le calze glitterate da 190 euro, sold out in pochi minuti sul sito Gucci.

Tutto merito del brand?

È stata un’esibizione tutto fumo e niente arrosto? No, il contenuto c’è stato eccome. Nella scelta delle cover, dei personaggi, nell’interpretazione. L’anello debole del tutto, a mio avviso, resta il brano, che ha un concept bello – ma come poetica risulta un po’ debole. Diamo a Lauro il tempo e la fiducia di crescere e creare testi impattanti tanto quanto la sua presenza scenica, già straordinaria.

Certo: se non ci fosse stata una macchina perfettamente strutturata con una tale potenza di fuoco in termini di creatività, capacità di gestione comunicazione e budget non so se l’idea avrebbe avuto lo stesso impatto. Temo di no. Per gestire certe architetture perfette servono persone e soldi. In questo caso anche il trattamento fa la differenza.

Detto questo sì, Gucci ha venduto calze e guanti a cartuccera e posso dire che, unico neo che noto, nel sito hanno ancora la divisione tra uomo/donna/bambino nello store e per un marchio che si sta sempre più presentando al pubblico come fluido forse varrebbe la pena far caso a questi dettagli e riformulare anche la definizione del target d’acquisto. È il purpose marketing, bellezza.

I messaggi di Gucci

Non è solo Achille Lauro quello che ha mandato un messaggi o forte e chiaro sulla libertà, l’identità liquida, il diritto a essere ciò che si vuole e soprattutto il rispetto delle donne esaltate come vere muse ispiratrici delle sue performance: anche Gucci, di rimando, si è fatto carico di quei valori.

Ovvio, ora sono curiosa di vedere cosa farà Achille Lauro perché ha davvero alzato l’asticella: ora non può più sbagliare nulla – da ogni performance, da ogni uscita pubblica ci si aspetta tanto dal punto di vista scenico, e perché no, anche di contenuto autoriale.

Lì sarà la vera sfida.

Ma anche Gucci non può essere da meno: mentre ancora discutevamo di Lauro a Sanremo, Natalie Portman agli Oscar indossava una cappa Gucci che ricordava vagamente quella del Festival e che portava ricamati i nomi delle registe escluse dalle nomination.

Gucci è un brand che si sta muovendo in quella direzione – e sta supportando valori alti attraverso l’opera di vari artisti. Staremo a vedere.

E Ullallah?

Già. Ullallah? Manca solo questo alla versione audio del pezzo che gira in radio e che invece era presente nel live a Sanremo. Lauro, ‘a ridacce ullallah! Altrimenti la canzone ci piace meno!

Detto questo, voglio sapere la vostra: è stata pubblicità occulta neanche troppo occultata? L’esibizione vi è piaciuta?

O è stata tutto fumo – gran ben ricamato – e niente arrosto?

Ah, ovviamente potete anche rispondermi “me ne frego”: oggi ci sta.

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