All’età di tre anni ho deciso di diventare vegetariano; in…
Dire qualcosa di se stessi
Questo per dire cosa? Che “andare al cinema, cucinare e passeggiare in montagna” è come rispondere di avere due piedi alla domanda “qual è la tua principale caratteristica”. Se è vero che il CV deve potermi dire qualcosa di voi, ora ho solo il sospetto che siete la fossa delle Marianne della banalità. L’Everest della noia. Insomma: anche no.
Non tutti gli hobby sono uguali
Ci sono poi hobby che sono più nobili di altri: il volontario in un orfanotrofio, la soccorritrice del servizio ambulanza, l’insegnante di lingua dei segni. In questo caso, il mio consiglio è quello di prestare attenzione all’organizzazione per la quale collaborate: se è troppo profilata politicamente o dal punto di vista religioso, può forse dire qualcosa (di troppo) su di voi e varrebbe la pena quindi restare sul generico.
E infine ci sono gli hobby inerenti alla professione: un educatore sociale che ha fatto il volontario con i ragazzi di strada in Brasile o un graphic designer con la passione della fotografia possono impressionare favorevolmente l’opinione di chi legge.
Professione pericolo
Per questo, può essere utile adattare gli hobby anche rispetto alla posizione che vi interessa e per il tipo di azienda che la offre: alcune aziende hanno un taglio più tradizionale (una banca), altre più creativo (la start-up che crea app).
E a proposito di creatività: a mio parere, è meglio evitare di segnalare hobby troppo pericolosi. Se leggo parapendio acrobatico, motocross o anche il più innocente rugby, vedo subito le mie statistiche di infortunio peggiorare drasticamente. Preoccuparmi per le eventuali assenze di una collaboratrice o di un collaboratore che non ho neanche ancora incontrato… non è un punto a suo favore.
Cosa ne pensi?
All’età di tre anni ho deciso di diventare vegetariano; in seconda elementare, la maestra ha convocato i miei genitori perché “non era normale” che un bambino conoscesse tutti i nomi dei funghi in latino; a 13 anni ho amato per la prima volta senza sapere che non era amore; a 15 ho smesso di fare decathlon perché odiavo la competizione; ancora minorenne, sono stato processato da una corte marziale. A 20 anni mi sono sposato e a 23 ho divorziato; a 25 anni dirigevo una start-up che ho fatto fallire; a 29 ho avuto la meningite, sono morto ma non ho saputo restarlo. A 35 anni ho vissuto una relazione poliamorista e sono diventato padre di figli di altri. A 42 mi sono licenziato da un posto fisso, statale e ben pagato per fondare l’Agenzia per il Cambiamento Purple&People e la sua rivista Purpletude. A parte questo, ho 20 anni di esperienza nelle risorse umane, ho studiato a Ginevra, Singapore e Los Angeles, ho un master in comunicazione e uno in digital transformation e ho tenuto ruoli manageriali in varie aziende e in quattro lingue diverse: l’ONG svizzera, la multinazionale francese, le società americane quotate in borsa, la non-profit parastatale. Mi occupo soprattutto di comunicazione del cambiamento, di organizzazioni aziendali alternative e di gestione della diversità – e scrivo solo di cose che conosco, che ho implementato o che ho vissuto.