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Il peso del passato nella tua storia: Ricalcola

Il peso del passato nella tua storia: Ricalcola

Tutti ci raccontiamo storie. Alcune di queste ce le diciamo sottovoce ma hanno un impatto ancora più grande di ciò che urliamo. Sono storie private, silenziose, e che spesso condizionano ciò che facciamo, ciò che diciamo, e la storia che raccontiamo agli altri per farci conoscere e riconoscere.

Sono storie limitanti e spesso più che la verità, sono il frutto del passato. E non del passato oggettivo, di fatti indiscutibili, ma solo il modo in cui interpretiamo e reinterpretiamo la nostra storia. Una su tutte è quella di aver fatto delle scelte e che queste abbiano segnato tutto ed in modo irreversibile.

Ci penso persino adesso che sto scrivendo.
“Ho iniziato parlando del passato…devo trovare qualcosa che sia coerente, deve continuare su questa strada. Oppure niente, cancello tutto, apro un foglio nuovo e faccio qualcosa di completamente diverso.”

Mi sono spesso trovato immobilizzato con questi ragionamenti.
Un amico una volta mi disse che sono uno di quelli che vorrebbero fermare il mondo, sistemarsi, cancellare tutto ciò che pensiamo sia sbagliato, e mettere play solo quando è tutto a posto.
Credo avesse ragione, ma credo anche di non essere il solo.

L’altro giorno ad esempio parlavo con una ragazza all’ultimo anno in medicina e che a quanto pare odia medicina. Ama i cani ed avrebbe voluto fare la veterinaria.
Lo sapeva da sempre. Da quella volta che aveva trovato un cucciolo all’età di otto anni ed era stata l’aiutante di un vecchio contadino per salvargli la vita.
Poi però la famiglia aveva insistito così tanto…
Le avevano messo davanti una lista di pro e contro talmente logica che sinceramente pareva da imbecilli fare qualcosa di diverso.
Suo padre medico, il nonno medico, lo zio medico…che diamine!
Per un po’ di tempo aveva risolto con un border collie in casa e con esami così frequenti da non starci a pensare. Adesso però era diverso.
Tra meno di un anno il percorso sarebbe finito, lei sarebbe stata davvero Medico. Lì non si scappa più. E soprattutto come si può scappare ad un passo dal traguardo.

Ha chiesto un consiglio a me, io non ho saputo rispondere.
Però il peso del passato lo conosco bene. Non solo cose oggettive, cause con effetti tangibili e visibili a tutti. Anche piccole scelte, deviazioni, fermate che ti fanno continuamente chiedere se ci sia possibilità di cambiare in corsa, di una meta diversa da quella pensata e stabilita.

Storie. La mia, la sua, quella di tanti. Storie che ci raccontiamo e ci limitano. Ogni tanto penso sia il prezzo da pagare per la libertà, per essere animali con la ragione, cresciuti a soffocare i sentimenti e nutrirsi di razionalità e coerenza.

Ed ogni tanto vorrei un GPS come quando sei macchina e devi raggiungere un luogo dove non ci sei mai stato.
Anzi, penso dovremmo iniziare a pensare come se un GPS ce lo avessimo davvero.

Il Gps ti dà quasi sempre degli ottimi consigli ma è eccezionale quando sbagli strada.

A quel punto non ti dice mai “Coglione hai sbagliato strada” e soprattutto non ti dice mai “Adesso non potrai andare più a quel ristorantino…adesso vatti a fare un misero panino alla stazione. Coglione.”
No, non lo fa mai. Come se non è successo niente, si prende un attimo e RICALCOLA il percorso.
È come se ti stesse dicendo “Okay, facciamo un’altra strada.”
Certo ci vorrà più tempo ma magari nel tragitto vedi cose nuove e belle, e soprattutto arriverai comunque a destinazione.
Ecco, pensare in questo modo mi fa amare i GPS e forse l’unico modo per fare pace con noi stessi, con il passato, con le scelte, è ragionare in questo modo.

Non sentirsi spacciati, segnati…Ricalcolare.

Ricalcolare ed unire i puntini (del passato)

C’è un altro aspetto ricorrente, me ne parlano tanti professionisti quasi tutti i giorni. Molti si sentono sicuri del proprio passato (laurea, titoli, esperienze prestigiose) ma si vergognano invece di altri momenti.

Ed altri ancora hanno una chiara visione di ciò che vorrebbero essere ma si guardano indietro e desumono che non sia compatibile. “Fatti un panino alla stazione. Coglione!”
Ed invece no, basta ricalcolare. Non solo durante il tragitto ma anche dopo.

Unire i puntini riguarda proprio questo: ricalcolare e dare nuovo significato.

Un esempio che faccio spesso è quello di Velasco ed altri sportivi o uomini che oggi prendiamo come modelli e staremmo ad ascoltare per ore.
Velasco è stato un giocatore di pallavolo, poi allenatore tra i più vincenti, capace di fare vincere anche la nazionale italiana, una squadra che pareva progettata per perdere ed ancora perdere.
Poi qualcuno ha pensato che le sue competenze potessero essere traslate anche in altri sport e così ha lavorato nel mondo del calcio, con Lazio e Inter. (qui non mi pare abbia fatto nulla di strepitoso…)

Ed oggi? Oggi è il simbolo della leadership e tiene lezioni a manager, ragazzini, imprenditori sul fare impresa, sulla vita, sulle scelte.
Nessuno gli punta il dito contro e gli dice “Si ma il master tu non ce l’hai…ed una laurea in management dove l’hai presa…?
Non lo fa nessuno, stanno tutti zitti ed ascoltano.

(A proposito: un’altra cosa che ricordo spesso, specie a quelli che hanno superato gli “anta” è che le competenze che valgono sono quelle di vita non quelle accademiche.)

Ciò che facciamo con Velasco, che forse ha fatto lui stesso, è semplicemente ricalcolare.
Unire i puntini, reinterpretare la storia e dare nuovo significato.

Ha gestito due tizi che saltavano per fare muro sulla rete >>> sa come far esprimere i dipendenti.
Ha vinto due campionati mondiali >> sa come si conduce un’impresa al successo.

Casi diversi e con esito simile li troviamo anche in chi ha vissuto più con l’insuccesso che con il successo. O con le tragedie. (Far fronte alle difficoltà è ancora più sfidante e prezioso)
Un nome su tutti: Zanardi.

Ma il punto non è cosa fanno loro, il loro percorso. Il punto siamo noi.
Perché pensiamo non ci sia un’alternativa? Perché crediamo nel fato, in qualcuno che scrive una storia che finisca male o necessariamente in un determinato modo (cattivo) e non possiamo credere il contrario?

Perché insomma dobbiamo sentire quella vocina (coglione…mangiati il panino) e non quell’altra (ok, ricalcola)?

Le persone hanno un cattivo rapporto con il passato. O si fermano troppo a pensarci e finiscono per viverci. O lo mettono da parte con troppa fretta.
Forse invece il passato non passa mai ed acquisisce sempre nuovo significato.
Se hai il coraggio di farlo, se ti dai una possibilità.

RICALCOLA

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