Lavoro come medico, agopuntore e psicoterapeuta. Scrivo di salute, benessere…
I Tarocchi di Marsiglia sono arrivati nella mia vita come uno strumento per rappresentare i problemi. Lo so bene, si tratta di un semplice mazzo di carte. Eppure chi si lasciasse andare al potere dell’analogia si renderebbe subito conto che con le 78 carte di un mazzo è possibile rappresentare tutte le evenienze della vita. Anche nel 2019.
In quei tempi, i miei pensieri erano annodati su se stessi. Più cercavo soluzioni, più creavo problemi. Analizzavo le cose, mi tuffavo nella loro profondità e non mi rendevo conto che così facendo mi perdevo tutta la superficie.
Sceneggiare i problemi
La prima cosa che feci con i Tarocchi di Marsiglia fu usarli per sceneggiare le questioni che animavano le mie riflessioni. Mi venne istintivo farne le caricature di me stesso e del mio universo.
Non mi fu difficile affiancare al grigiume del ragionamento lineare il colore dell’analogia.
I miei pensieri si popolarono di imperatori e imperatrici, re e regine, papi e papesse, prestigiatori e burloni; nonché di denari, bastoni, coppe e spade. I problemi cominciarono così ad assumere forma di scene dinamiche piuttosto che di fotogrammi statici.
I problemi che prima erano pietre contro cui sbattere la testa, erano diventati modelli in plastilina da manipolare.
Quando gli occhi vedono, la mente può farsi un’idea
All’inizio fui quasi impaurito dalle potenzialità della rappresentazione della realtà con i Tarocchi di Marsiglia.
Poi le cose cambiarono e mi resi conto che quelle carte colorate non erano nulla più che uno strumento per sollecitare una capacità già presente in me, ma poco utilizzata. Ossia la capacità di pensare per immagini e di ragionare sulla dinamica piuttosto che sulla statica.
Oggi lo so che la soluzione più semplice a problemi complessi è quella che emerge quando metto sulla scena i problemi e non i misteri che li avvolgono.
Quando gli occhi vedono come funzionano le cose, la mente può farsi finalmente un’idea della logica del problema. A quel punto è sufficiente tirare il laccio giusto, per sciogliere tutto il nodo.
Dal mistero allo svolgimento
La vita di ciascuno di noi è facilmente riassumibile in tre fasi: inizio, svolgimento, fine.
Prima dell’inizio il mistero.
Dopo la fine il mistero.
In mezzo un’infinita possibilità di combinazioni.
Tuttavia la possibilità di scelta non sembra attrarci tanto quanto l’impossibilità di sciogliere definitivamente il mistero.
È difficile resistere al mistero.
Quando riflettiamo sulla nostra esistenza di solito partiamo da un problema e ci domandiamo “E adesso che faccio?!”. Per un po’ ci riflettiamo, proviamo a confrontare tra loro le diverse possibilità di scelta. Poi all’improvviso si affaccia il mistero “Se sapessi perché sono qua, da dove vengo e cosa mi aspetta sarebbe tutto più facile!”.
E così la riflessione abbandona il campo colorato delle scelte e si rivolge a quello oscuro del mistero. Difficile rimanere focalizzati su ciò che è sotto la luce del sole. L’unico problema è che l’oscurità si chiama oscurità per un motivo: perché quando ci sei immerso non vedi nulla!
Viviamo come se potessimo sapere
Ci comportiamo pensando che se sapessimo cosa eravamo prima della nascita e che cosa ne sarà di noi dopo la morte, decideremmo in modo più lucido che cosa essere o fare che oggi.
Il mistero è un grande business. Religioni e scienze si sforzano da millenni di offrirci risposte da usare come basi per la costruzione di vite dignitose e “razionali”. Non si tratta mai di risposte certe. Tuttavia, davanti all’angoscia del mistero, anche scienze imperfette e religioni imprecise sembrano nel complesso abbastanza affidabili.
Quando incontrai i tarocchi, ero rapito
Ed ero proprio rapito da queste riflessioni sul mistero, quando per la prima volta mi imbattei nei Tarocchi di Marsiglia.
Cercavo luci sul prima e sul dopo e lasciavo che il durante scorresse sotto i miei occhi come un unico inseparabile grigio menir (quello che Obelix porta sulle spalle!).
Quando incontrai i Tarocchi di Marsiglia pieni di immagini colorate, bizzarre, simpatiche e attraenti, ebbi subito la percezione che avrei potuto usarli come strumento per bucare l’oscurità del mistero.
Anche in essi trovavo riferimenti chiari ad un prima e ad un dopo, ad una nascita e ad una morte. Tuttavia, non era mai sul mistero che si concentrava l’attenzione dei personaggi. Guardavano il mondo attorno a sé, si sbirciavano gli uni con gli altri ed erano sempre indaffarati e concentrati sullo svolgimento.
Usarli per rappresentare i miei problemi mi obbligava ad osservare la superficie dove le cose accadevano.
Al di là del buono e del cattivo
Quello che trovai nei Tarocchi di Marsiglia furono dei personaggi.
Nessuno era buono o cattivo. Ognuno faceva la sua parte e poi passava la palla a chi lo seguiva. Nessun personaggio era inutile. Qualcuno distruggeva affinché altri potessero costruire, qualcuno viaggiava affinché altri potessero giudicare. Ironizzare per festeggiare, imparare per raccontare, sedurre per costruire. C’era un costante dinamismo tra i diversi personaggi.
I Tarocchi di Marsiglia sono un’enciclopedia della vita.
Semplificano la narrazione per rendere pensabile la complessità.
Chi gioca con loro come se fossero i pezzi di quel puzzle che è la vita può trarne importanti spunti.
Una sola regola deve essere rispettata: non si possono usare per avere lumi sul mistero.
Cosa ne pensi?
Lavoro come medico, agopuntore e psicoterapeuta. Scrivo di salute, benessere e coltivazione di sé. Mi impegno nell'offrire strumenti di riflessione e azione quotidiana, affinché ciascuno possa essere un po' più protagonista della propria vita anche quando si parla di salute. Credo in una medicina che funziona perché è fatta da medici che si prendono cura di tutti e di ciascuno al tempo stesso.