Lavoro come medico, agopuntore e psicoterapeuta. Scrivo di salute, benessere…
Siamo cittadini di un mondo contradditorio. La maggior parte dei nostri problemi di salute è frutto di vite troppo confortevoli e noi cerchiamo di risolvere il problema rendendole ancora più confortevoli. Abbiamo piedi dolenti perché deboli e cerchiamo di evitare il male ai piedi creando e acquistando scarpe sempre più comode che rendono i piedi ancora più deboli. Un bel circolo vizioso, vero?
Mannaggia al progresso!
I nostri avi hanno lavorato duro e in buona fede e ci hanno regalato le vite più confortevoli che l’uomo sapiens abbia mai avuto nella sua esistenza.
Tuttavia, il confort ci ha rammollito e reso incapaci di fronteggiare problemi piccoli, troppo piccoli. Più le nostre vite sono diventate comode più noi siamo diventati incapaci di interagire con le sorprese dell’esistenza e i capricci della natura.
Così, eccoci davanti ad un bivio: o accettiamo di reintrodurre volontariamente e quotidianamente capricciose e crudeli avversità nella nostra vita o ci ritroveremo come le rane di quella famosa storia: fritte perché troppo rilassate.
Torniamo per un attimo al mondo delle calzature. Molte aziende stanno investendo oltre che in estetica anche in confort e salute. Le scarpe sono progettate per essere belle, comode e sane. Tuttavia, l’eccesso di comodità sta rendendo le stesse scarpe che ci facilitano la vita, le responsabili della nostra fragilità articolare. È grazie a scarpe troppo comode che siamo così frequentemente vittime di distorsioni di caviglia, gonalgie, coxalgie e lombalgie varie.
Le scarpe comode ovattano il piede che si disabitua a sentire. Non sentiamo i sassolini, ma nemmeno la frescura dell’erba bagnata. Né il dolore né il piacere. E soprattutto, disabituati alle asperità del terreno naturale, finiamo per crollare inciampando su un granello di polvere.
Siamo come la principessa sul pisello, anche se ci crediamo delle cenerentole. Non lo dico io, lo dice l’esperienza. Quando insistiamo nel renderci la vita più comoda stiamo ancora peggio, quando invece ci concediamo qualche asperità ritroviamo vigore. Non è così?
L’esperienza ci suggerisce che abbiamo bisogno di rompere il circuito vizioso per cui più ci proteggiamo più ci rendiamo fragili e più siamo fragili più abbiamo bisogno di proteggerci.
Una prova al giorno… toglie il medico di torno!
Forse qualcuno tra i lettori ricorda Mitridate, il re che divenne immune ai veleni assumendo tutti i giorni una piccola dose di veleno.
Certo, nel nostro caso non si tratterebbe di assumere veleni. Basterebbe consentirci di sentire di nuovo le asperità della natura: un sassolino appuntito, un sapore forte, un cibo duro da mordere. Camminare a piedi scalzi in giardino per 15 minuti, mangiare un cibo aspro, mordere una carota. Queste tre azioni sono oggi per il nostro corpo delle vere e proprie sfide. E le sfide, come ben sappiamo da adulti, fortificano e non rammolliscono. Tuttavia, dobbiamo volerle le sfide, dal momento che nella nostra società, in automatico, tenderemmo a scartarle.
Se vogliamo riesporci ad un pizzico di sfida tutti i giorni dobbiamo volerlo, perché di per sé potremmo arrivare a sera senza aver affrontato nessuna asperità e un giorno morire inciampando in un granello di polvere, divenuto per noi una cima insormontabile.
Un pizzico di avversità al giorno toglie il medico di torno
Al mattino mi piace iniziare la giornata con una corsetta. Esco in strada e non vedo l’ora, fatti i primi 100 metri su asfalto, di tuffarmi in una cavedagna di campagna. È lì che finalmente mi sento vivo. Pienamente coinvolto e presente a me stesso. E il tutto accade proprio grazie a quelle capricciose e scomode asperità della natura.
Naturalmente io potrei essere un caso a sé. Potrei essere uno che ama la sofferenza e il ritorno ad un mondo selvaggio. Tuttavia, prima di liquidare la cosa come nostalgica o istrionica vorrei ricordarti che il nostro cervello va matto per una cosa: la varietà delle difficoltà.
Torniamo per un attimo lì, su quella cavedagna. Quello che amo di lei è che è regolarmente irregolare.
Lo so che correre sulla strada è più comodo e intelligente. Si possono mettere su le cuffie e ascoltare la musica o magari un podcast di qualche persona intelligente che racconta la sintesi di un libro o come si costruisce una vita di successo.
Tuttavia, quello che accade a livello cerebrale è esattamente il contrario. Quando si corre su un terreno accidentato e imprevedibile il cervello si attiva, cresce e diventa più capace di affrontare i problemi della vita. Quando invece si corre sull’asfalto piatto e prevedibile, il cervello si raggrinzisce e diventa sempre meno capace di affrontare gli inevitabili problemi che la vita ci pone.
C’è un detto che dice “Chi più suda in allenamento, meno sanguina in battaglia”.
Riflettici. Se sanguini in battaglia, forse è proprio perché ti sei disabituato a sudare in allenamento.
Cosa ne pensi?
Lavoro come medico, agopuntore e psicoterapeuta. Scrivo di salute, benessere e coltivazione di sé. Mi impegno nell'offrire strumenti di riflessione e azione quotidiana, affinché ciascuno possa essere un po' più protagonista della propria vita anche quando si parla di salute. Credo in una medicina che funziona perché è fatta da medici che si prendono cura di tutti e di ciascuno al tempo stesso.