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Corpo e mente: emozioni in carne e ossa

Corpo e mente: emozioni in carne e ossa

emozioni

C’è stato un tempo in cui come esseri umani non distinguevamo il corpo dalla mente. La vita emotiva e la vita fisica erano le due polarità “toccabile” e “intoccabile” di un’unica realtà.
Ci pensavamo fatti di emozioni in carne e ossa. Avere il fegato in fiamme e essere arrabbiati era la stessa identica cosa. Il corpo era tutto e le emozioni permeavano tutto. Così vivevamo, nella più autentica percezione olistica.

Poi, in occidente, le cose sono cambiate. Abbiamo iniziato a separare: concreto e astratto, corpo e mente. A qualcuno deve essere sembrato utile.

Tuttavia, quell’antica prospettiva unitaria secondo cui siamo emozioni in carne e ossa ha ancora un certo fascino. Soprattutto quando la nostra sopravvivenza è minacciata, l’idea che il corpo possa morire e l’anima vivere in eterno, non consola più abbastanza. Ci viene quella voglia di far vivere questo corpo ancora un po’, ma la mente, espulsa dal corpo, non è più in grado di dirci “come” fare. Lei ci osserva da fuori, mentre il corpo è fatto per essere guidato da dentro.

Divide et impera: Mente da una parte e Corpo dall’altra

L’idea di separare mente e corpo emerse diversi secoli fa. Volevamo smettere di essere “bestie” e diventare finalmente “umani”.

In pratica, molto probabilmente, si trattò di un’esigenza di autocontrollo più concreta: un corpo senza emozioni e delle emozioni senza corpo devono essere apparse più facili da gestire.

Rapiti da un’ambizione al “controllo” abbiamo sentito il bisogno di liberarci di quelle emozioni in carne e ossa che da tempo guidavano la nostra esistenza. Volevamo qualcosa di più maneggevole e abbiamo applicato la vecchia logica del DIVIDE ET IMPERA: corpo da una parte e mente dall’altra.

Prima e dopo la separazione di mente e corpo

Quando la mente era dentro il corpo, avevamo sempre il “polso” del nostro stato emotivo. Era sufficiente sentire il corpo per sapere qual era la temperatura delle nostre emozioni. Grazie agli enterocettori (quei recettori posizionati sul versante interno del nostro corpo) ascoltavamo noi stessi da dentro. E ascoltare il corpo era ascoltare la mente. Punto e basta!

Nel momento in cui abbiamo espulso la mente dal corpo, gli enterocettori sono diventati degli elementi di disturbo. Avevamo decretato che una sensazione interna non ci parlava più di noi stessi. Era solo chiasso di un corpo volgare, che reclamava le sue esigenze fisiologiche: mangiare, bere, riprodursi.

Fu allora che qualcuno pensò che, se guardarsi da dentro non era più affidabile, forse ci si poteva guardare da fuori. Sarebbe bastato ribaltare gli occhi all’interno. Tuttavia, gli occhi sono esterocettori e ribaltati verso l’interno non vedono nulla. Così abbiamo smesso di “sentirci/vederci” e abbiamo cominciato a pensarci.

Dicevamo che stavamo guardando, ma in realtà stavamo pensando.

Abbiamo imparato tanto, ma ancora non basta

A prima vista, la separazione ci ha consentito di capire molto. Volumi su volumi sono stati scritti sulla mente e sul corpo. Quando eravamo solo emozioni in carne e ossa, le nostre librerie erano vuote. A forza di guardare con gli occhi ribaltati e pensare, sono venute idee e le librerie si sono riempite.

Tuttavia, con il senno di poi, la comprensione di come funzioniamo sembra non aver aumentato la capacità di gestire la sofferenza della nostra mente. Mettere le redini a rabbia, paura, dolore e piacere rimane ancora la più grande sfida per noi Homo Sapiens. E quello che a volte ci sfugge è che anche la gestione delle sofferenze del corpo non è pienamente acquisita. Un virus è ancora in grado di mandare in allarme un’intera popolazione.

Inchiodati davanti allo specchio, investiamo in autocontrollo

Prima eravamo emozioni in carne ed ossa. Poi abbiamo scollato il corpo dalla mente e interrotto con vergogna tutte le fini ramificazioni che univano corpo e mente.

Rifiutata l’abilità di sentirci, non ci è rimasto altro che controllarci con gli occhi e pensarci.

Passiamo le giornate davanti allo specchio a verificare se si vede qualcosa di nuovo (una ruga, un muscolo, una vescicola, un segno qualunque). Poi accendiamo un monitor e controlliamo se qualcuno ha capito qualcosa di nuovo sul nostro funzionamento.

Il problema è che dentro di noi è una costante tormenta di sensazioni che gli occhi non possono vedere e il pensiero non può chiarire. E così non ci resta che tentare di sopprimere le sensazioni interne con l’autocontrollo e il distacco emotivo.

Una missione impossibile, anti-fisiologica

Tuttavia, se ci pensate, è una missione persa in partenza.

Gli occhi sono fatti per guardare attorno, non per guardarsi dentro. Se non fosse così, sarebbero rivolti verso l’interno. E le sensazioni non possono essere zittite, non hanno il volume!

Per controllare noi stessi avevamo dei recettori fatti apposta, gli enterocettori, nati per sentirci e ci siamo illusi di poterli spegnere, semplicemente smettendo di contemplarli. Poi abbiamo pensato di sostituirli con recettori fatti per guardare gli altri, gli esterocettori. Ecco perché davanti allo specchio talvolta non ci riconosciamo! Ci guardiamo come estranei.

Senza carne e ossa siamo perduti

Senza quelle emozioni in carne ed ossa, siamo in un “momento” di eterna crisi. Sempre insoddisfatti per un livello di controllo insufficiente, passiamo il tempo a pensare a come rilassarci un po’. Il distacco emotivo è la nostra ambizione e la nostra speranza:

  • Avere menti abbastanza potenti per controllare le sensazioni che vengono da dentro, le emozioni!
  • Avere soldi a sufficienza per regalarci momenti, in cui possiamo non sentire la fatica che facciamo a controllarci!

E poi arrivano situazioni in cui le emozioni sono troppo forti. La paura di qualcosa che non si può vedere, come i virus, è impossibile da controllare.

Tuttavia, una possibilità ci sarebbe rimasta: rientrare in quell’antica prospettiva olistica comune sia all’antica Grecia sia all’antica Cina in cui muovere il corpo muove anche la mente. Per forza: sono legati!

Rivoltare gli occhi verso l’esterno.

Rimettere la vista tra i cinque sensi e non al di sopra degli altri sensi.

Uscire di casa e camminare nel mondo.

Lasciare che le sensazioni fluiscano da dentro a fuori e da fuori a dentro.

Smettere di sentire i pensieri e ricominciare a pensare le sensazioni.

Parafrasando Cartesio: “Quando sei nel dubbio e nella sofferenza, fai entrare le sensazioni!”.

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