
Fabio Martinez è scrittore (ha pubblicato tre libri e Il…
Davanti a un attizzatoio.
– È la prima volta che mi capita di servire il tè per qualcuno come voi. Solitamente, chi viene a farmi visita o lo fa per assaggiare il mio tè o per conoscere il mio zen. Voi vi siete recato qui col proposito di approcciare entrambi, eppure non avete domande da pormi, dico bene?
– Non vi ingannate, così come non mi ingannavo io quando pensai che una donna così celebre per la sua comprensione dello Zen dovesse essere non da meno anche nella preparazione del tè. In quanto alle domande, queste possono nascere solo quando abbiamo un primo contatto con l’oggetto che muove la nostra curiosità. Non sapendo, in realtà, nulla di voi, sono venuto qui cercando di non aspettarmi nulla e con l’intenzione di conoscere il vostro Zen osservando i movimenti delle vostre mani.
– E vi sentite di poter dire se il vostro viaggio sia stato fruttuoso o meno?
– I vostri gesti sono stati eloquenti: fin quando avrò la pur minima intenzione, mai riuscirò ad afferrare la vera natura di questa vita. Voi preparate il tè senza alcun intendimento, quasi come se voi non aveste mente, tanto essa è vuota! Mentre io, più cerco ciò, più sono schiavo dello scopo. Anche l’aria delle volte credo mi mancherebbe, se non mi ordinassi di respirare.
– Lasciate che vi manchi, allora. Se questo non vi ucciderà, forse vi libererà.
Cosa ne pensi?

Fabio Martinez è scrittore (ha pubblicato tre libri e Il Graal ritrovato, edito da Tipheret, è il suo ultimo romanzo), sceneggiatore e storyteller. Per narrare (anche impresa), ha inventato un nuovo format (#dialoghidimpresa): dialoghi autonomi, per lo più brevi e che non si esauriscono svolgendo la loro funzione pubblicitaria, restando capaci di durare nel tempo e nello spazio. Possono essere tra due o più persone, tra un essere umano e un animale, un robot, il vento o qualunque altro interlocutore immaginabile. Possono raccontare e parlare di tutto anche dello Zen. D’altronde, il nostro modo di pensare, di ragionare non è un dialogare con noi stessi? Tutta la nostra realtà non è forse un dialogo costante?