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[interludio otto] Mia moglie alla radio

[interludio otto] Mia moglie alla radio

Triangolo amoroso

Mi vennero i brividi, quando sentii mia moglie salutarmi alla radio. Lei era a mare, contenta e spensierata. E, allora, perché mai dovette telefonare a quella radio, perché volle salutarmi in diretta?
Tutte le volte che sentivamo altri ascoltatori farlo, lei si chiedeva chi diamine avrebbe potuto chiamare una radio per fare gli auguri a qualcuno, raccontare i fatti propri e così via.
Cosa le aveva fatto cambiare idea, così, di punto in bianco? Dico di punto in bianco, perché proprio fino a quella mattina le sembrava assurdo fare una cosa del genere. Forse, allora, qualcosa la sospettava. Una parte di lei dovette intuire cosa stava accadendo e, sempre quella parte di lei, volle dirmelo così. O stavo pensando delle assurdità?
Non avrei mai potuto saperlo con certezza ma di sicuro c’era che mi vennero i brividi e cominciai a tremare. Sì, era vero: mentre mia moglie mi aspettava nella spiaggia privata dell’albergo io ero andato in palestra. Ed ero ancora in palestra, o meglio negli spogliatoi, solo che, giusto mentre lei era in diretta nazionale sulla radio più ascoltata d’Italia, io mi stavo baciando con l’uomo che avevamo entrambi conosciuto due giorni prima. Non parlava italiano, quindi non credo avesse capito cosa era appena successo, ma mi accarezzò con dolcezza mentre io lo fissavo immobile. Un attimo prima ci stavamo baciando con trasporto, lui mi stringeva il sedere, io avevo una mane dentro i suoi pantaloni e me ne stavo fregando pure se qualcuno potesse sorprenderci. Ma mia moglie, alla radio, che mi saluta: no, quello non me lo sarei mai immaginato.
Raccontai in inglese a quell’uomo cosa era appena successo e lui mi chiese soltanto se mia moglie non avesse mai sospettato di nulla.
Esiste qualcosa, un solo angolino di me che lei non conosce? Non era la prima volta che mi ponevo domande simili ma quel pensiero mi fece tremare ancora di più. L’uomo, Adalbert, mi accarezzò, mi baciò sulle labbra ancora una volta e mi abbracciò, come a consolarmi. Poi andò a farsi la doccia. Io mi limitai a sedermi su una panca di legno e a fissare l’acqua che investiva il vetro opacizzato che mi impediva di vedere il suo corpo nudo. Raccolsi le mie cose e andai verso la spiaggia. Bice non era sulla sdraio, la cercai guardandomi attorno per un attimo e la vidi in mare, dove parlava con due signore. Posai la sacca per la palestra all’ombra e andai a sciacquarmi sotto la doccia del lido. Mi tornò in mente il corpo di Adalbert e quel poco che vidi di sfuggita della sua erezione prima che entrasse sotto la doccia. Immaginai di baciare le sue spalle, i suoi capezzoli e poi, finalmente, di prenderlo in bocca. Sentivo il sangue pulsare nelle vene e cercai di nascondere le mie forme sotto il costume, restando rivolto verso l’interno del semi-cilindro della doccia, sperando che l’acqua fredda mi aiutasse. Stavo quasi per scappare negli spogliatoi della palestra e trascinare Adalbert in camera sua ma voci di anziane mi riportarono alla realtà. Una vecchia con una pancia enorme mi fissava indisposta e sfidai il suo sguardo, senza voltarmi del tutto. Quando finalmente il mio pene si era calmato, spensi l’acqua e tornai alla sdraio.
Mia moglie era ancora a mare. Presi una rivista dallo sacca e cercai di distrarmi leggendo ma mi era impossibile. Tornai a guardare Bice e mi chiesi se il suo non fosse più che un sospetto inconsapevole. Eravamo sposati da tre anni e stavamo insieme da cinque e io solo allora mi domandai per la prima volta una cosa simile. D’accordo, in tutti quegli anni non era mai successo nulla ma qualche pensiero l’avevo fatto, qualche occhiata me l’ero concessa e, in certi momenti, il desiderio di stare con un uomo era stato davvero forte, anche se mai come allora con Adalbert. Era sempre stato il mio spazio segreto dove potermi concedere fantasie che, ogni tanto, sarebbero potute diventare realtà e, qualche volta, l’avevano fatto davvero ma mai dopo aver conosciuto Bice. Il mio amore per lei non era mai scemato, forse era mutato ma restava sempre quello di un uomo verso una donna. Così il mio desiderio, la mia passione. Solo che mi è sempre capitato che alcuni, pochi, uomini mi attraessero. Trovo il corpo maschile e il suo sesso non meno affascinanti di quelli femminili e il piacere di sentire dentro un uomo o di entrare in lui a volte mi risultava irrinunciabile. Proprio come allora con Adalbert: sì per la sua bellezza ma ci doveva essere dell’altro, probabilmente dovuto alle circostanze. Chissà, forse erano condizioni particolari a sviluppare in me desideri così forti, inspiegabili e sui quali – mi sembrava pure strano pensarlo – non mi facevo nemmeno tante domande. Si verificavano congiunzioni astrali che facevano nascere dentro di me certe attrazioni o servivano speciali disposizioni del mio animo?
Non ne avevo mai parlato con nessuno, nemmeno con gli uomini con cui ero stato: tutti episodi occasionali; solo con uno ero stato più volte ma poi finì un po’ come era cominciato.
Perché non ne avevo mai parlato con nessuno? Sicuramente perché non ne avevo mai sentito la necessità. Inoltre, perché avrei dovuto farlo, in realtà? Ma con mia moglie? Ora stava finalmente salendo dal mare verso di me. E presto il mio corpo prese a pulsare per lei. Dio quanto mi piaceva! Dopo tutti quegli anni non smettevo mai di stupirmene. Quello che provavo per lei, che in quel momento mi scosse più della sua telefonata alla radio, mi fece capire perché non le avessi mai detto nulla: avevo paura di perderla.
D’altronde era lecito, no? Se lei mi avesse confessato una cosa simile… No, in realtà, aveva dichiarato più volte di essere attratta da altre donne, anche se non ci aveva mai fatto nulla. “Per loro è diverso”, mi dicevo sempre. Diverso perché? Perché non se ne vergognano, forse? E io perché dovrei farlo? Quando stavo con un uomo, stavo bene. E anche dopo. Solo quella mattina avevo sentita una fitta al cuore ma per motivi diversi.
– Perché stai all’ombra?
– Volevo leggere un po’.
– Ma se t’ho visto per tutto il tempo fissarmi.
– Fissarti all’ombra fa sentire meno caldo. È più sopportabile.
– Non voglio che sopporti.
– No?
– No.
– E cosa vuoi?
– Che la smetti di sopportare,
– Cosa intendi?
– Secondo te?
– Qui?
– Ma ti pare! Abbiamo una camera, ricordi?
– Davvero? Me lo hai fatto dimenticare.
– …
– Allora perché ti stai sdraiando di nuovo?
– Per asciugarmi.
– Lo sai che mi piaci bagnata.
– Cretino.
Poco dopo, in stanza, le slacciai il reggiseno del costume e affondai il viso in mezzo al suo petto, poi la feci sedere sul tavolo sopra il frigobar e gliela leccai con quella che in quel momento mi sembrò un’avarizia famelica. Passato qualche minuto, mi pregò di smettere e di farlo. Stavo per penetrarla quando mi interruppe, scese dal tavolo e si inginocchiò per succhiarmelo. Ero eccitatissimo e le dissi anch’io di smetterla, quindi lei si voltò, restando in piedi e appoggiandosi al tavolo e lo facemmo. Per un attimo immaginai che con noi ci fosse pure Adalbert ma Bice sarebbe stata tutta per me. Avrei pensato io a lui. Tornai alla realtà, al corpo sudato di mia moglie, ai suoi capelli bagnati. Le strinsi un seno con una mano, con l’altra un gluteo, mentre col pollice le penetravo l’ano noncurante delle sue tenui proteste. Non resistevo quasi più e la voce di Bice non mi aiutava. Volevo che non finisse troppo presto, volevo che continuasse ancora, così chiusi gli occhi per distrarmi. Ma ogni pulsare del mio corpo mi urlava di non farlo, di restare lì, in quella stanza, con mia moglie. Mi lasciai andare. Le strinsi ancora di più il petto e il sedere, spinsi più a fondo. Bice mi diceva di continuare, la baciai e mi sentii scoppiare dentro di lei. In quell’istante, tra immagini spontanee di pianeti visti dallo spazio miste a placidi corsi d’acqua tra vegetazioni antiche, mi arrivarono miriade di risposte, risposte alle domande che mi ero posto in quella mattinata e in tutte quelle precedenti. Riuscii ad afferrarne solo qualcuna. Guardai mia moglie che ora mi stringeva un braccio e mi baciava con dolcezza. La guardai a lungo negli occhi. Sapesse o meno, non sarebbe cambiato nulla. Io per lei avrei rinunciato a tutto.
Anche a sentire il pene di Adalbert tra le mie labbra, dentro di me?
Quell’ultimo pensiero scalfì qualcosa. Ci staccammo e lei si pulii, mentre io andai a sciacquarmi in bagno.
– T’ho sentita alla radio, oggi.
– Ah, vero!
– Te ne eri già dimenticata?
– Quasi.
– Mi sarei aspettato tutto da te tranne quello.
– Cosa, che ti salutassi alla radio?
– Sì ma anche proprio che chiamassi per parlare in diretta.
– Capita.
– Se lo dici tu.
– Ti ha dato fastidio?
– No. Perché avrebbe dovuto?
– Non so.
“In quel momento mi stavo solo baciando con quell’austriaco che abbiamo conosciuto l’altro giorno, ricordi?” le stavo quasi per dire ma mi limitai a baciare e ad abbracciare lei. Avrei rinunciato a tutto per lei ma il mio corpo non sembrava contentissimo. Ci buttammo per qualche minuto sul letto e poi tornammo in spiaggia. Da lì andammo direttamente a pranzare al chiosco oltre la piscina dell’albergo.
– Con le tizie a mare parlavamo di Noto. Ci dobbiamo assolutamente andare.
– Era già in programma, no?
– Sì, certo.
– Domani?
– Se stasera non facciamo troppo tardi, sì.
– Va bene.
Quella sera saremmo andati da Zash, un boutique albergo un po’ distante da noi in cui avremmo voluto pernottare per almeno un paio di notti ma non avevamo trovato posto. Fortunatamente eravamo riusciti a prenotare un tavolo nel loro ristorante una stella Michelin, con uno chef giovane e molto promettente. Da giorni non parlavamo quasi d’altro, tanto non vedevamo l’ora di andarci.

Finito di pranzare sentii arrivare subito l’abbiocco.
– Sto morendo di sonno.
– Vuoi andare in camera?
– Posso dormire anche sulla sdraio.
– Allora andiamo in spiaggia, dai.
Ci alzammo e il fugace pensiero di poter incontrare Adalbert mi scosse un po’. Ma in spiaggia non c’era e non lo avevamo incontrato nemmeno quando eravamo passati dalla piscina. Mi aveva detto che per quel giorno sarebbe rimasto lì a godersi l’albergo e mi chiesi se non fosse in camera. Quindi, mi tentò l’idea di dire a mia moglie che forse avrei preferito dormire in stanza, con la speranza che lei fosse rimasta invece a mare. L’adrenalina di quel pensiero mi fece quasi tremare, mi distesi comunque sulla sdraio e mi addormentai immaginando Adalbert che mi penetrava con forza, mentre mi prendeva dalle anche. Riuscii a sentire quasi i suoi colpi scaricare la loro energia lungo tutto il mio pene.

La cena da Zash superò le nostre pur alte aspettative. Ma avevamo bevuto talmente tanto che nessuno dei due aveva la minima voglia di mettersi in macchina. Così mia moglie volle provare a chiedere alla reception se si fosse liberata una camera.
– Davvero non avete nulla di libero? Abbiamo provato a prenotare un mese fa ma ci avete detto che siete tutti occupati per il periodo.
Il tizio al banco provò a ribattere qualcosa ma subito Bice lo incalzò:
– Perché altrimenti sappiate che stanotte dormiremo in piscina.
Alla fine ci accordammo per una superior che avremmo dovuto lasciare entro le nove, perché appunto avrebbero aspettato presto altri ospiti.

Ci aggirammo per l’albergo con fare stupido e un po’ da ragazzini, fin quando non arrivammo alla nostra camera. Lì, contemplai le gambe nude di mia moglie mentre guardava fuori.
– Com’è che sei sempre più bella?
Si voltò senza dirmi nulla. Mi sorrise, venne verso di me e mi chiese:
– Devi dirmi qualcosa?
– No. Che cosa?!
Mi fissò sicura di sé e dopo un po’ disse:
– Tu sei mio, d’accordo? Solo mio.
Mi venne quasi da piangere tanto mi sentii sollevato. Le sorrisi.
– D’accordo. Sono solo e tutto tuo.
Ci baciammo e facemmo l’amore ancora un po’ presi dall’alcol.

Sì. Avrei potuto rinunciare a tutto per lei e non sarebbe stata nemmeno una vera rinuncia. Era questa una delle innumerevoli risposte che mi investì quella mattina. Un’altra era che quel desiderio non mi avrebbe mai abbandonato e non l’avrebbe mai fatto proprio per permettermi ogni giorno di sentire un sapore nuovo sulle labbra di Bice.

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