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Barefooting e la ricerca della scarpa perfetta

Barefooting e la ricerca della scarpa perfetta

Barefooting

Qual è la scarpa perfetta: quella morbida che ammortizza o quella dura che protegge? Per molti ancora il dibattito sulla scarpa perfetta si incentra su questo. Tuttavia, c’è un punto di vista meno usuale, ma che sta catalizzando l’attenzione di sempre più utenti e produttori. La scarpa perfetta è quella che lascia che il piede esprima tutto il suo potenziale e magari rimane esteticamente piacevole.

È stato con questa idea in testa che mi sono avvicinato al tema del barefooting ossia del camminare e correre a piedi scalzi.

I piedi soffrono

Il barefooting è stato per decine di migliaia di anni l’unico modo che l’essere umano aveva per muoversi. P
oi arrivarono le scarpe e camminare o correre a piedi scalzi divenne un segno di povertà o sciatteria. Qualche anno fa, tuttavia, alcuni ricercatori hanno cominciato a prendere atto di un fenomeno ambivalente: le scarpe ci proteggono, ma al tempo stesso ci indeboliscono e ci rendono soggetti a traumi e disfunzioni prima mai visti.

Ecco una piccola lista dei problemi più comuni a carico di piede e caviglia che sono favoriti dall’uso di calzature che proteggono troppo:

  • Alluce valgo e dita a martello
  • Distorsioni di caviglia acute e ricorrenti
  • Callosità
  • Speroni
  • Dolori dei tessuti molli del piede non meglio specificati

Quello che è curioso è che dal momento che consideriamo questi disturbi frutto di un piede debole e delicato tendiamo, per curarlo, ad avvolgerlo in scarpe che proteggono, ma anche limitano sempre di più il piede.

Un nuovo paradigma, un nuovo modello

Fu così che nel mondo delle “scarpe” qualche decina di anni fa si aprì un nuovo filone di ricerca. Le aziende cominciarono a investire su un nuovo paradigma: non più il piede è debole e quindi dobbiamo proteggerlo, ma il piede è forte e quindi dobbiamo mantenerlo stimolato.

Fu così che il laboratorio di studio più importante divenne l’osservazione di coloro che continuavano a camminare a piedi scalzi, o quasi.

Io stesso, nel momento in cui ho deciso di capirci qualcosa di più sul tema della salute dei piedi, mi sono reso conto che non potevo accontentarmi di studiare i manuali o andare ai congressi di settore. Dovevo sperimentare in prima persona.

La cosa migliore sarebbe stata togliermi le scarpe e camminare. Tuttavia, a quel tempo credevo ancora troppo nella tecnologia fuori dal corpo, piuttosto che in quella dentro il corpo. Così decisi di sperimentare scarpe che si vantavano di essere capaci di far sperimentare la naturalezza del camminare.

Masai Barefoot Technology

La mia prima esperienza fu quella con le MBT (Masai Barefoot Technology).

Questa azienda aveva brevettato una scarpa, il cui scopo era riprodurre la naturale instabilità che il piede sperimenta quando cammina “scalzo”. Questa instabilità infatti rappresenta uno stimolo che mantiene vivi e attivi i muscoli posturali e di conseguenza tutto il corpo. Quando il corpo viene privato di questa instabilità tende ad assopirsi. I muscoli non utilizzati tendono ad addormentarsi e con il tempo atrofizzarsi. Quando il corpo non è più sostenuto da tutti i muscoli di cui è dotato, diventa instabile e delicato.

Immaginatevi una marionetta che, invece di essere guidata nei suoi movimenti dalle sapienti mani del burattinaio, viene sbattuta qua e là. Questo è quello che accade al corpo quando viene privato degli effetti stimolanti della naturale instabilità.

La prima volta che acquistati queste scarpe le indossai per otto ore consecutive. Se vi capita non fatelo! Iniziate con 30 minuti. La commessa mi aveva avvertito, ma io ero stato subito rapito dal piacere di sentire il mio corpo riattivarsi. Centinaia di muscoli si stavano svegliando, come se fossi stato sotto una doccia fredda. Ho utilizzato queste scarpe per un anno e ho cominciato a capire che prendersi cura del piede è innanzitutto prendersi cura di stimolare il piede.

Vibram Five Fingers

La mia seconda esperienza sono state le scarpe con le dita Vibram Five Fingers. La prima volta che le ho indossate ho provato due sensazioni:

  • Il piacere del piede piantato per terra. Ero come un albero che era stato in un vaso per anni e improvvisamente veniva piantato per terra.
  • La strana sensazione di avere qualcosa tra le dita. Non avevo mai sperimentato la presenza di qualcosa tra le dita. Tuttavia, grazie a quegli inserti mi sono reso conto che “avevo” delle dita e potevo usarle per camminare.

Da buon ricercatore mi tuffai subito nella nuova esperienza. Con le scarpette (poco più che un sottile guanto attorno al piede) andai in montagna e le indossai per tre giorni consecutivi. A metà del secondo giorno, entusiasta, decisi addirittura di infilarmi in un sentiero pieno di grossi massi in salita. Mi sembrava di essere un felino di alta quota.
Purtroppo mentre balzavo da un sasso all’altro urtai con un dito contro un sasso sporgente e mi procurai (penso) una piccola microfratturina. La cosa interessante fu che non pensai minimamente di liberarmi di quelle scarpette. Anzi mi resi subito conto che la cosa migliore era far guarire la ferita continuando ad indossare quelle scarpe. Il contatto con la terra, il pieno contatto, stava restituendo al mio piede la sua forma. E non c’è nulla di meglio per un piede che deve guarire che assecondare la sua fisiologia.

L’infortunio mi aveva fatto capire sulla mia pelle che i miei piedi avevano dimenticato come ci si muove in modo sicuro senza la protezione delle scarpe. Per potermi permettere di spingere l’acceleratore su di loro ancora una volta avrei dovuto darmi del tempo e partire da zero. Prima di balzare da un sasso all’altro, dovevo recuperare la sicurezza del cammino.

Senza scarpe (Real Barefoot Technology)

Per chi non lo sa, le Vibram Five Fingers non tengono l’acqua. Così mi era capitato più e più volte di ritrovarmi con i piedi completamente bagnati. A quel punto con le scarpe o senza le scarpe non faceva più molta differenza. Decisi di mettere i piedi direttamente a contatto con la natura o con l’asfalto. La scarpa perfetta era diventata il piede stesso.

Il fatto di camminare senza scarpe mi aveva restituito la capacità di carpire forza dal terreno. Come dicono i maestri cinesi, ognuno di noi ha due fonti di energia: il cielo e la terra. Chi si priva dell’una ha sempre più bisogno dell’altra e comunque sia non basta mai!

Meno protezione, più forte

Nel corso degli anni sperimentai quello che ormai era scientifico attendersi. Più instabilità, aveva prodotto più sollecitazione; più sollecitazione aveva prodotto più forza, resistenza ed elasticità.

L’intolleranza per le scarpe normali

Le esperienze barefooting mi avevano reso intollerante alle scarpe tradizionali. Un minimo  di tacco era per me intollerabile.
La suola rigida mi impediva di percepire il terreno: non sentivo i sassolini, è vero, ma non sentivo neppure il terreno su cui premere per ricevere forza.

Piano piano mi resi conto che la questione “scarpe” stava riproponendo in me il tema dell’iperprotezione:

Quando mi proteggo lì per lì sto meglio,

ma poi mi ritrovo imprigionato.

Se l’armatura diventa una prigione,

io mi ritrovo al sicuro, ma tagliato fuori.

Il problema dell’estetica

Tuttavia, c’era un dilemma pratico da risolvere. Le scarpe che avevo provato erano scarpe che non rispettavano i canoni estetici comunemente accettati.

Dietro la questione “scarpa perfetta”, si celava un vero e proprio dilemma filosofico:

  • scarpa fisiologica, ma brutta (o non canonica!)?
  • scarpa bella, ma non fisiologica?

Il ritorno alle scarpe normali

Fu con questo dilemma in testa che dopo aver peregrinato in cerca della scarpa perfetta, tornai in un negozio di scarpe normali. Decisi di provarmele di nuovo. Alcune erano decisamente “intollerabili”: troppa prigione. Altre, invece, erano decisamente più fisiologiche di quello che pensavo. Forse grazie all’allenamento che avevo fatto avevo recuperato la capacità di sentire il terreno anche attraverso lo spessore di una scarpa.

Mi ero reso conto che avevo un potenziale di elasticità che andava oltre le mie aspettative.

All’inizio della mia ricerca avevo i piedi irrigiditi. Un giorno mi ero reso conto della trappola e mi ero sbarazzato dell’armatura. Per un po’ mi sono goduto la libertà selvaggia di chi viaggia leggero e senza difese.

Ero passato dai piedi in scarpe rigide e scomode, ai piedi immersi nel fango.

Un giorno ho rimesso gli occhi sulla mia vecchia armatura, le mie vecchie scarpe “protettive” e mi sono domandato “Possibile che fosse proprio tutto da buttare via!”? Ho indossato la mia vecchia armatura e mi sono reso conto di essere in grado di portarla con disinvoltura.

Avevo sperimentato che, grazie all’allenamento, ero in grado di togliermi l’armatura e rimettermela al bisogno.
Il barefooting mi aveva reso capace di passare dal vigore di Tarzan, all’eleganza del Galateo di Giovanni Della Casa.

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