All’età di tre anni ho deciso di diventare vegetariano; in…
La sezione “Formazione” del curriculum dovrebbe essere fattuale, eppure assume un valore fortemente strategico a dipendenza del tipo di posizione per cui ci si candida.
Come per tutte le cose, se ritenete di avere un vantaggio strategico a questo livello, come ad esempio una laurea alla Bocconi, vale la pena metterla in evidenza, all’inizio del documento. Se invece la vostra esperienza professionale è a vostro giudizio più importante, potete relegare la formazione al fondo del CV.
Queste indicazioni, naturalmente, valgono solo se non utilizzate quell’orribile modello di CV Europeo che, non mi stancherò mai di ripeterlo, ha lo stesso sex appeal di una minestra di orzo. Fredda.
Non mischiare corsi e diplomi
Premesso che ognuno ha il suo stile e che esso dice qualcosa della personalità del candidato, nel mio curriculum personale faccio distinzione tra quattro tipi di (in)formazione:
- Formazione di base: è quella obbligatoria, professionale o liceale – di solito la si cita solo se è l’ultimo diploma conseguito oppure se è caratterizzante. Ad esempio: ho fatto il liceo classico e questo dice qualcosa di me, per cui lo menziono.
- Formazione accademica: è la formazione superiore, quindi la laurea o il bachelor o il master. La data di ottenimento è importante solo nei primi anni, dopodiché va in prescrizione 🙂 In l’Italia, è fondamentale indicare il risultato finale (110 e lode); per la Svizzera, è di uso meno comune e quindi lo eviterei.
- Formazione certificante: di solito sono corsi molto specifici, di breve-media durata, costosissimi, e che attestano delle conoscenze settoriali, come ad esempio Microsoft Office Specialist (MOS) Expert.
- Formazioni qualificanti: la maggior parte della formazione continua rientra in questa definizione; si tratta di corsi di perfezionamento, come potrebbe esserlo ad esempio “Riconoscere e gestire i segni dell’abuso d’alcol in un collaboratore”.
Nella sezione “Formazione” o “Titoli di studio” vanno inserite solo le formazioni accademiche (e nel caso in cui non ci siano: la formazione di base). Tutto il resto lo metterei nella sezione formazione continua (che può essere una sottosezione della precedente).
La formazione continua
La meta-competenza che mi interessa maggiormente in un candidato è la capacità di apprendimento. Se una persona non sa fare una cosa, può imparare a farla, a condizione che abbia la predisposizione necessaria.
La formazione continua, da questo punto di vista, può essere un segno che il candidato non si sia addormentato sugli allori e che abbia voglia di continuare a imparare nuove cose e a perfezionare ciò che già sa.
Sconsiglio di fare liste chilometriche con tutti i webinars, i seminari, i congressi e gli addestramenti seguiti e ricevuti. O se proprio ci tenete, fatelo in un allegato – mentre sul curriculum, effettuate una selezione di ciò che è significativo, dando una preferenza alle formazioni certificanti.
Quando il diploma non c’è
Non tutti hanno ottenuto un diploma accademico o un titolo equivalente. Molti si sono fermati alle scuole dell’obbligo mentre altri non hanno terminato gli studi. In questi casi, è importante non farsi prendere dal panico e quindi mentire o esagerare. Siate sempre trasparenti:
Laurea triennale in biologia (non terminata)
Ottenuti 116 crediti formativi ECTS su 180.
Nel caso in cui abbiate una buona esperienza lavorativa ma nessun diploma significativo, consiglio di sostituire la sezione “Formazione” con “Sviluppo professionale”, in cui citerete le formazioni effettuate sul campo e le competenze acquisite.
Detto questo, l’opzione migliore sarebbe quella di rimettersi a studiare. Il panorama formativo attuale offre molte opportunità di ottenere dei diplomi o delle certificazioni, se non addirittura dei master , anche continuando a lavorare. E in ogni caso: anche piccole formazioni qualificanti dimostrano la volontà del candidato di restare sempre aggiornato rispetto al proprio campo di interesse.
Cosa ne pensi?
All’età di tre anni ho deciso di diventare vegetariano; in seconda elementare, la maestra ha convocato i miei genitori perché “non era normale” che un bambino conoscesse tutti i nomi dei funghi in latino; a 13 anni ho amato per la prima volta senza sapere che non era amore; a 15 ho smesso di fare decathlon perché odiavo la competizione; ancora minorenne, sono stato processato da una corte marziale. A 20 anni mi sono sposato e a 23 ho divorziato; a 25 anni dirigevo una start-up che ho fatto fallire; a 29 ho avuto la meningite, sono morto ma non ho saputo restarlo. A 35 anni ho vissuto una relazione poliamorista e sono diventato padre di figli di altri. A 42 mi sono licenziato da un posto fisso, statale e ben pagato per fondare l’Agenzia per il Cambiamento Purple&People e la sua rivista Purpletude. A parte questo, ho 20 anni di esperienza nelle risorse umane, ho studiato a Ginevra, Singapore e Los Angeles, ho un master in comunicazione e uno in digital transformation e ho tenuto ruoli manageriali in varie aziende e in quattro lingue diverse: l’ONG svizzera, la multinazionale francese, le società americane quotate in borsa, la non-profit parastatale. Mi occupo soprattutto di comunicazione del cambiamento, di organizzazioni aziendali alternative e di gestione della diversità – e scrivo solo di cose che conosco, che ho implementato o che ho vissuto.