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5 ricerche da fare prima del colloquio

5 ricerche da fare prima del colloquio

Ricordo un colloquio che feci quando ero molto giovane, presso la sede corporate di Nestlé a Vevey, in Svizzera. Alla fine dell’incontro, uscii con una tonnellata di documentazione, tra cui un dettagliato rapporto annuale del gruppo Nestlé all’attenzione degli investitori, che non avrei saputo come procurarmi altrimenti.
Oggigiorno non è più necessario disboscare un quarto di foresta pluviale per reperire delle informazioni, anche dettagliate, sull’azienda presso la quale ci presenteremo per un colloquio. Non abbiamo quindi la scusa di arrivare impreparati. Il mio consiglio è di prestare particolare attenzione agli aspetti seguenti:

1. I prodotti, i servizi e i mercati di attività

Molti candidati arrivano al colloquio senza avere un’idea precisa di quali siano i principali prodotti o i servizi offerti dal loro potenziale datore di lavoro. Bisogna sempre documentarsi, anche di fronte all’evidenza.
Prendiamo un esempio semplice: la Pepsico. Presentarsi al colloquio con l’idea che si tratti di un produttore di bibite gasate, tra le quali la famosa Pepsi, è riduttivo. Il gruppo Pepsico, oltre a tutta una gamma di bibite, come ad esempio i succhi di frutta Tropicana, annovera anche altri marchi importanti, quali gli snack Doritos o la linea di cereali per la colazione Quaker Oats.
Una persona che si presenta nell’Ospedale in cui lavoro dovrebbe sapere che non abbiamo la cardiologia invasiva, o che la psichiatria non fa parte del nostro mandato, o che i nostri servizi di riabilitazione sono offerti in partenariato con una clinica privata che non fa parte del nostro gruppo ospedaliero. Non mi aspetto che il candidato conosca i dettagli, ma che si sia fatto un’idea, questo sì.

2. L’attualità

La notizia che il gruppo Swatch stia investendo nelle batterie per le auto elettriche è stata ampiamente ripresa dalla stampa internazionale. Si tratta di informazioni che riguardano il futuro dell’azienda e sono quindi strategiche.
A un colloquio presso Swatch, alla luce dell’attualità, non mi focalizzerei sul mercato orologiero: parlerei piuttosto delle opportunità future, dell’importanza della ricerca e dello sviluppo in questo ambito innovativo; mi interrogherei su quali sinergie potrebbero esserci con altri prodotti del gruppo, passati e presenti… vogliamo parlare ad esempio della SMART? Pochi ricordano che SMART è l’acronimo di Swatch-Mercedes ART, nata nel 1996 dalla collaborazione con il gruppo Daimler, proprio su impulso del CEO di Swatch.
Le vostre ricerche sui prodotti e sui mercati del vostro futuro datore di lavoro faciliteranno la comprensione delle notizie di attualità che lo riguardano, anche quelle di natura finanziaria. Perché l’aumento del prezzo del petrolio impatta negativamente l’industria dei polimeri? Che implicazioni hanno per le Università Svizzere le diverse votazioni popolari che tendono a creare delle barriere protezioniste nei confronti della libera circolazione delle persone? Gli operatori telefonici italiani Wind e 3 sono concorrenti?
Informarsi è fondamentale.

3. I valori e la cultura aziendale

La maggior parte delle aziende ha una sezione del proprio sito web dedicato alla visione, o ai valori, o alla mission. O a tutti e tre. Solitamente si tratta di fuffa markettara, ma qualche indicazione importante può darcela ugualmente. È infatti probabile che le competenze chiave ricercate nei candidati facciano riferimento in qualche modo a un quadro che ha come cardine i valori aziendali.
Prendiamo un esempio difficile dal punto di vista valoriale, come potrebbe esserlo una grande multinazionale del tabacco: nella sezione “Cosa cerchiamo in un candidato”, Philip Morris dice in modo esplicito di considerare importante la capacità di comunicare in modo chiaro e costruttivo.
Alla domanda “Crede che la sigaretta provochi il cancro?”, non è quindi consigliabile essere evasivi o generici. Certo: è una domanda difficile e una risposta inadeguata potrebbe azzerare le vostre possibilità di essere assunti. Ma per loro è importante che siate chiari e costruttivi, quindi dovete esprimervi in un modo che risulti accettabile e in linea con i loro valori. Personalmente, io risponderei qualcosa del genere:
“Credo che gli studi abbiano dimostrato che c’è una correlazione tra sigaretta e una certa tipologia di malattia. Per questo è importante che dall’esterno ci sia un quadro legale chiaro, come ad esempio la limitazione del fumo nei luoghi pubblici; e che all’interno dell’azienda ci sia invece un codice di condotta etico senza se e senza ma. Ad esempio, l’impegno di non promuovere il fumo presso i minorenni. Se le regole sono chiare, una persona è nelle condizioni di scegliere liberamente se fumare o meno, in modo responsabile”.
Una risposta di questo tipo dice qualcosa di voi: che quando vi troverete di fronte a una situazione difficile, al lavoro, avrete il coraggio di dare un feedback strutturato, anche se non necessariamente piacevole. O che se qualcuno in famiglia dovesse confrontarvi sulla vostra scelta di lavorare per una multinazionale del tabacco, avrete la forza di difendere il vostro punto di vista in maniera equilibrata. E guarda a caso, il “coraggio” è un’altra delle qualità ricercate da Philip Morris.

4. Le persone chiave

Sempre sul sito internet dell’azienda, troverete anche il capitolo “About Us” o il “Chi siamo”. Se è vero che un’organizzazione cerca di assumere persone che corrispondano alla filosofia aziendale (il 43% dei selezionatori ritiene che la qualità più importante di un candidato sia l’allineamento alla cultura d’azienda), è anche vero che, alla fine, sono le persone che fanno l’organizzazione.
È quindi utile vedere chi sono gli executive, il CEO, il presidente, e altre persone in posizioni chiave della società per la quale vorreste lavorare, e fare un po’ di sano stalkeraggio. Cercateli su Twitter, leggete i loro post su LinkedIn, cercate di capire cosa pensano, cosa apprezzano e perché.
Non sempre è facile: se cercate Urs Schaeppi, il CEO di Swisscom, troverete pochissime informazioni di prima mano. Il suo account LinkedIn non ha neppure una foto o un curriculum. Qualche intervista qua e là vi può indicare che dev’essere un amante della montagna (i suoi hobby sono lo sci e la mountain bike), ma nulla di più rilevante.

5. L’identità del selezionatore

Una sottocategoria delle persone chiave sono le persone che incontrerete al colloquio.
Ho molti amici che alla domanda “Chi incontrerai?”, mi guardano spaesati. Non lo so. Andreste al cinema infilandovi nella prima sala che vi capita, senza conoscere il titolo del film? No. E allora perché accettate con karmica rassegnazione il fatto di non essere stati informati su nome e ruolo delle persone che vi faranno un colloquio?
Il mio consiglio è quello di chiedere cortesemente questa informazione: fa parte della vostra preparazione per il colloquio. Detto questo, un’azienda che non ritiene necessario comunicare il nome dei selezionatori manca di creanza al meglio o è assolutamente amatoriale al peggio. Incominciamo male, mi direi io.
A ogni buon conto, qui ci addentriamo in un terreno minato.
Ogni informazione raccolta può portarci oltre il punto di equilibrio, tra ciò che è interessante sapere e ciò che ci farà inevitabilmente comportare in maniera innaturale.

Un esempio concreto: prima del colloquio che feci per una posizione che poi ottenni, non riuscii a raccogliere molte informazioni sul mio selezionatore (e futuro capo). Una cosa l’avevo però trovata: faceva parte di una commissione cantonale per la prevenzione dell’alcolismo. Era un alcolista anonimo? Lo faceva per networking? O semplicemente, da vallesano DOC, conosceva i danni dell’alcool sulla popolazione? Non mi era dato saperlo.
Durante il colloquio, decisi comunque di giocare questa carta e feci appello all’unica esperienza che avevo avuto nella gestione di un caso di alcolismo sul posto di lavoro, con la speranza di segnare qualche punto in più sul tabellone del “questo è un bravo ragazzo”. Il mio jolly si rivelò essere un pericoloso due di picche, perché mi portò su un terreno nel quale lui era un esperto e io un emerito ignorante. L’informazione è importante, ma la padronanza di un argomento lo è di più.

Per concludere, e a rischio di sembrare lapalissiano, mi auguro che a nessuno venga in mente di far riferimento alla ricerche effettuate sulla persona quando in sua presenza. Se il selezionatore dovesse dire, per altro poco professionalmente, “Capisco la sua situazione, anch’io ho un bambino appena nato che non mi fa dormire la notte”, non è consigliato rispondere “Lo so, ho visto la sua foto su Facebook. Giulietto, giusto?”. Ecco: no. TMI – Too much information, come dicono gli amici americani.

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