
Scrittore semplice | Co-Founder Purple&People | Papà di Nicolò, Giorgia,…
Come un libro: ogni tanto è colpa della copertina, a volte è colpe del libro. Ma molto spesso sei solo nella libreria sbagliata.
Gli ultimi mesi mi sono ritrovato a dover ragionare spesso sui libri, sulla scrittura e sulla promozione. Sul fatto se bisogna davvero scriverli, e da dove venga il diritto di poterlo fare.
E purtroppo anche su come si debbano vendere. E se davvero certi libri possano avere un mercato. Ed in fondo ho ragionato su di noi, su come dobbiamo promuoverci, venderci e farci comprare (o scegliere).
Copertina
La prima cosa che ho preso in considerazione, prim’ancora che un libro ci sia, è la copertina.
Anche senza aver letto un libro, ancora prima che qualcuno inizi a scriverlo, puoi prevedere se qualcuno lo acquisterà solo partendo da qui.
Notavo come ad esempio certi editori abbiano messo da parte orgoglio ed omertà, e siano arrivati a dirlo. La pubblicazione di un libro è influenzata più da chi sei (e chi credono gli altri tu sia) che dalle tue idee. E basta guardare i libri che si producono e che pare si vendono (e dio, qualcuno persino compra) per rendersi conto che è davvero così.
Viviamo nell’era della copertina. Molto più di quanto potevamo essere abituati.
Non si tratta più della giusta immagine, si tratta molto meno del titolo. Il dettaglio, se così lo possiamo chiamare, è il NOME che ci sarà stampato.
E molte volte, quando il nome non è così famoso come si vuole credere, si tratta della faccia o di tutto il corpo.
Sembra una moda nuova ma nell’ambito editoriale non lo è così tanto; se l’autore è una persona davvero famosa > conviene metterci la faccia; è la faccia a vendere.
È il caso di politici, attori, sportivi…gente che magari con un libro ci azzecca poco.
Oggi è quasi come ieri; la persona non è così famosa ma basta che sia quel tanto visibile (prevalentemente on line) e riconoscibile.
Poi viene il contenuto, le pagine interne, le idee
Solo dopo vengono le idee.
Ammesso che ancora contino qualcosa. Il primo passo è ottenere l’attenzione, qualcuno che abbia almeno in mano il libro per iniziare a sfogliarlo e annusarlo.
Ma quasi sempre è un dettaglio; chi ha in mano un libro sta quasi sempre acquistando il libro. E quasi sempre chi ha in mano un libro non è nemmeno interessato a capire quanto sia buono o giusto; ha scelto dalla copertina e tanto basta.
Le logiche del mercato quando tocca a noi venderci
Anche se non hai scritto un libro o non ne hai nessuna intenzione, il discorso vale in ogni caso. Anzi, vale sempre.
Non è questione di editoria ma di vendita; di vita.
Le logiche del mercato sono queste e sono chiare: l’immagine è tutto, la copertina è tutto, il resto se ancora non è zero è chiaro che viene dopo.
Possiamo raccontare così la corsa agli armamenti 2.0, la conquista alla visibilità, alla riconoscibilità, all’attenzione. Ed il personal branding esasperato all’ennesima potenza. Possiamo spiegare così il fatto che professionisti di ogni genere, imprese, si affannino maledettamente per farsi vedere, conoscere e riconoscere. E che a furia di inseguire l’immagine perfetta, la copertina, ci si dimentichi di scriverlo sto benedetto il libro.
Leggevo ieri nel feed un’opinione che non condivido ma potrebbe sembrare vera.
Mc Donald vende in tutto il mondo con un prodotto scarso solo per la forza del suo brand. (…) anche se tutti i ristorantini potrebbero fare un hamburger decisamente più buono.
Idee come questa sono pericolose, rafforzano l’idea che l’immagine sia tutto ed il prodotto (il libro) zero.
In realtà dietro c’è organizzazione, un bilanciamento perfetto degli ingredienti, velocità nel servizio, un prezzo centrato, un target centrato. C’è il prodotto. Ed un prodotto che altri non riuscirebbero mai e poi mai fare. Non a quella velocità, in quella quantità ed a quel prezzo.
E da qui scaturiscono cose altrettanto pericolose: pensare che il mercato chieda davvero e solo immagine, che basti davvero una copertina. O che il fatto che alcuni vendono per la copertina indichi che questa è la strada, o che per te sarà impossibile fare altrettanto. O in modo diverso.
Da qui deriva la confusione della confusione. Ed altre cose spiacevoli: come rinnegare se stessi, pensare di dover cambiare sino a quando un giurato non dia il benestare.
Mettere da parte ciò che sei per diventare ciò che vuole; ciò che vogliono gli altri.
Come un libro: la storia è più complicata ed affascinante di quanto sembra
Sembra che non ci siano alternative ma c’è speranza. Viviamo nel miglior momento della storia per avere una possibilità ed un’alternativa.
1) Non siamo uguali, abbiamo destini diversi. E principi diversi.
Il primo punto è che non possiamo basarci sulla storia degli altri, su ciò che fanno gli altri, e su ciò che rende felici gli altri.
Chiamalo destino, personalità, principi. Chiamalo come vuoi. Forse è solo relatività.
“Nel 1983 un giovane chitarrista che pareva destinato a grandi cose fu sbattuto fuori dalla sua band. Non gli sembrava vero, e non gli sembrava giusto. Decise in quel momento che avrebbero rimpianto quella scelta e che si sarebbe preso tutto il successo possibile.
Ci riuscì.
Il chitarrista si chiamava Dave Mustaine, il fondatore dei Megadeth con i quali avrebbe venduto più di 25 milioni di dischi in tutto il mondo.
…Peccato che quelli che lo avevano fatto fuori, beh…erano i Metallica, ed avrebbero venduto più di 180 milioni di dischi nel mondo. “
Questo aneddoto è raccontato in THE SUBTLE ART OF NOT GIVING A FUCK di Mark Manson per spiegare come la felicità sia qualcosa di relativo. È negli occhi di chi guarda e nel cuore di chi vive.
Mustaine ancora oggi si sente un fallito nonostante un successo riservato solo ad un piccolissima parte della popolazione mondiale; milioni di persone farebbero carte false per avere metà del suo successo e dei soldi che gli sono girati tra le mani.
Una storia simile, sempre raccontata da Mark, è quella di Pete Beste.
Pete fu fatto fuori dai Beatles, al suo posto arrivò Ringo. Pete ha fatto una carriera senza clamore. Ha venduto un bel po’ di dischi, ha fatto qualche concerto. Si è perso il biglietto nella storia. Però si è sposato e si è fatto una famiglia. E Pete si sente fortunato, non ha rimpianti e si dichiara felice di ciò che ha avuto ed ha tuttora.
La prima volta che ho letto questa parte me la sono segnata e mi torna sempre in mente. Anche adesso parlando di me, te ed i libri.
Probabilmente è vero: con la faccia che ti ritrovi (con quella copertina) non venderai migliaia di libri. Ma non importa.
Potresti comunque essere discreto e fatturare molto di più di quelli che pare ce l’abbiano fatta (cosa che succede spesso). Oppure fatturare il giusto ed essere felice lo stesso. O anche fatturare poco ed inseguire il tuo sogno perché ti basta così.
Quello che voglio dire è che non sempre è questione di copertina, e che certi prodotti (certe persone) non hanno alcun bisogno della copertina da urlo.
Si bastano così e si fanno scegliere solo da poche persone. Va bene uguale.
Ma se non capisci di cosa parla il tuo libro (ed a chi ti rivolgi, ne parliamo tra pochissimo) non funzionerà mai.
2) Ogni tanto dobbiamo cambiare ma non ciò che siamo
Insomma vedo continuamente gente che cambia faccia, intendo dire che si presenta in modo diverso, che le prova tutte in cerca della volta buona e dell’approvazione definitiva.
Metà delle persone che mi scrivono mi racconta una bella storia e poi mi prega di scriverla…non vera ma vendibile. In parte è anche il mio lavoro ma non ha senso.
Mi viene in mente una storiella emblematica che ho letto alcuni giorni fa.
Ci sono due cammelli, la mamma ed il suo piccolo. Il piccolo è curioso e fa domande.
“Mamma perché abbiamo queste gobbe?”
“Siamo animali che vivono nel deserto dove c’è pochissima acqua. Così abbiamo bisogno di fare la scorta per poter vivere.”
“E perché abbiamo queste gambe così lunghe e questi piedi buffi?”
“Perché siamo destinati a camminare nel deserto, e camminare molto.”
“E che mi dici di queste ciglia così lunghe? A volte mi fanno persino male…”
“Quelle ciglia sono una benedizione: ci proteggono dalla sabbia del deserto quando soffia il vento.”
“Credo di aver quasi capito.
Dunque abbiamo le gobbe perché nel deserto c’è poca acqua e dobbiamo immagazzinarne molta quando abbiamo occasione, queste zampe lunghe per camminare nel deserto e camminare molto, e queste ciglia per difenderci dalla sabbia del deserto quando c’è molto vento. E quindi perché siamo nello Zoo?”
E quindi perché siamo nello Zoo?
La morale di tutta questa storia, dei libri, di me, di te, della copertina.
Spesso ci sentiamo sbagliati, ci sentiamo meno e meno bravi degli altri. Cerchiamo di fare ciò che fanno gli altri. Di fare copertine sgargianti come gli altri. Ci dimentichiamo di noi stessi e cerchiamo di essere gli altri.
E se invece ogni tanto fosse questione di altri?
Non tutte le persone vogliono una bella copertina o quel tipo di copertina.
Ogni tanto il problema non siamo noi, non è la copertina. Ogni tanto il problema è parlare alle persone sbagliate, nel posto sbagliato.
Ogni tanto insomma abbiamo tutto per avere successo…solo che ci troviamo allo zoo.
Cosa ne pensi?

Scrittore semplice | Co-Founder Purple&People | Papà di Nicolò, Giorgia, Quattro (Schnauzer) e Pixel in crisi (libro) Aiuto le persone a trovare-raccontare-vivere il proprio scopo. Qualcuno parlerebbe di Personal Branding ma preferisco dire “Posizionamento personale”. (Perché non riguarda affatto solo il tuo lavoro e perché l’obiettivo è vivere pienamente e non essere scelti da uno scaffale.)