
Ivano Porpora (1976) ha lavorato in radio e per la…
Stamattina ho contato: dieci. Dieci volte ho amato in vita. Sono come le volte che son tornato al mio stanzino, da una stanza che le consuetudini e gli obblighi e un qualcosa che chiameremo: crescere, decidere, deviare mi hanno costruito intorno – ma di cartongesso, che al primo quadro che appendi viene giù. Non mi si venga a dire che si ama una volta sola, le altre son duplicazioni, fatto lo stampo va rotto: le regole d’oro varranno per voi, qui hanno annoiato decenni fa, hanno crepato queste mura e incrinato i suoni, il mio amore è mio [parole d’ordine: coito, sorriso, lacrime, fammi del male, quadri, libri, piano, cautela, Chopin, dolore, qui], il mio Cristo è mio [parole d’ordine: polvere, casa, muri, fare, sguardo, misericordia], i miei libri e film miei [parole d’ordine: troppe, tutto]. Mi sono asserragliato in casa in questi tre anni boccheggianti per dare un valore a tutto, ripulirlo dalla polvere del tempo con questi occhi miseri e misericordiosi insieme, capire cosa andasse buttato, buttarlo.
Il primo amore si è chiamata Rossella. Il cognome non lo so; avevo sette anni, o forse, era il 1982 o forse, era la maestra di seconda elementare, ci sorrideva parecchio, aveva riccioli mal tenuti che le scendevano ai bordi del viso a formare una sorta di capigliatura da persona stanca. Noi giocavamo a farla arrabbiare; Emiliano un giorno prese un calcio alla schiena, lo ricordo, quando lo racconto mi dicono che sia impossibile, ma i bambini sanno cosa sia possibile e cosa no, cosa sia imputabile alle memorie e cosa invece attenga al mercato delle fantasie – i soldatini degli yankees, verdi, che combattono a fianco degli Apaches, non avevo mai capito che cosa fosse quel soldatino, ora so che era uno sminatore; i Duplo tristemente usati a completare i Lego quando i Lego eran finiti; Clarabella che saluta Orazio da dietro lo steccato e ti chiedi se stiano insieme o no, Orazio di cognome fa Cavezza, si sa.
M’aveva preso in simpatia; aveva maglioni vivaci, non credo avesse trent’anni. Mi sorrideva. Fosse perché a scuola ero bravo, sapevo scrivere da tempo perché mi mettevo a copiare i compiti di mio fratello che era già in quinta elementare ed era il mio eroe, forse perché ero un buono apparente e son sempre stati i miei preferiti, i buoni bastardi e i cattivi buoni; l’incoerenza è sempre stata un valore, qua.
Perché abbia amato la maestra Rossella poco importa: è stata una cosa che è durata tanto poco che mi si appanna nella memoria, quando si sminuì alla mia vista diventò un: Tutto qui?, i suoi capelli mi si afflosciarono davanti agli occhi, il suo sguardo non avrebbe retto a quello della professoressa di filosofia che avemmo per un solo anno, in terza liceo.
Però una cosa di Rossella è rimasta nella sacca. Era bellissima, quando l’amai. E non credo che fosse bellissima perché l’amai, nel senso: non era bello il mio sguardo. Brodskij dice: “L’occhio non si identifica col corpo, ma con l’oggetto della propria attenzione”. Io dico, da allora: “L’amore è un elemento che ha diverse dimensioni. Come la luce si comporta a onde e particelle, così l’amore può essere un urto, un vento, un collante”. In quanto collante, unisce e catalizza le parti dell’amante e le parti dell’amato, questa unione avviene in particolare negli occhi; ed è per questo che in amore e nell’abbandono gli occhi non possono fare a meno di lacrimare.
Ma di queste lacrime non mi accorsi con Rossella. Ero troppo piccolo, seppellii i miei dolori sotto un plaid sotto il quale mi rintanavo a leggere Topolino, disegnare. Fu dieci anni dopo, con M.
Ma ne parlo la prossima volta.
Cosa ne pensi?

Ivano Porpora (1976) ha lavorato in radio e per la stampa, in pubblicità e su internet, come area manager e insegnante di narrazione per bambini. Ha esordito per Einaudi nel 2012 e da allora si concentra sull’ambito letterario e si è specializzato in corsi di scrittura, che tiene tutto il territorio nazionale. Ha pubblicato tre romanzi (La conservazione metodica del dolore, Einaudi 2012, Nudi come siamo stati, Marsilio 2017, L’argentino, Marsilio 2018), un libro di poesie (Parole d’amore che moriranno quando morirai, Miraggi 2016), una favola per bambini (La vera storia del Leone Gedeone, Corrimano 2017) e un libro di fiabe per adulti (Fiabe così belle che non immaginerete mai, LiberAria 2017).