Formatrice, coach e problem solver strategica, titolare del brand aula41.…
Quasi sempre, nella comunicazione, siamo più concentrati sulla nostra performance (ciò che dico – prevalentemente – e come lo dico – per i più raffinati) e molto meno attenti a chi ci ascolta (Interessa ciò che dico? Lo capisce? Sto usando il canale comunicativo adeguato?).
Misuriamo la comunicazione efficace a partire da noi, dalla nostra capacità di eloquio, ma in realtà siamo più preoccupat* di essere efficienti che efficaci. E usiamo troppe “non parole”.
Prova ad ascoltarti e ad ascoltare le persone intorno a te: i tuoi e i loro discorsi sono spesso farciti di “non parole”, ovvero di parole vuote, perfettamente inutili nel contesto in cui sono inserite, superflue e ridondanti, che aggiungono rumore e tolgono efficacia alla comunicazione.
Sono parole che infili nella conversazione per nascondere l’imbarazzo, per contrastare la timidezza o l’insicurezza e finisci con il riempire i vuoti con altro vuoto.
Riempiamo il vuoto di silenzio con il vuoto di significato.
Quali sono le “non parole”?
Diciamo, evidentemente, per così dire, praticamente, ecco!, cioè, sinceramente, passando per ehmm, ahmm, uhmm, fino ad arrivare alle più recenti e modaiole “come dire”, “in qualche modo”, “in qualche maniera”. Si tratta di parole o espressioni prive di qualunque valore semantico, che appesantiscono la comunicazione e, alla lunga, irritano chi ascolta.
Se non ti risuona ciò che scrivo, prova ad ascoltare le previsioni meteo su La7 al mattino presto, oppure i conduttori dei talk show serali e vedrai svelarsi l’arcano. Ne facciamo tutti un uso massiccio e quasi sempre inconsapevole.
Ricordo una compagna di liceo che durante le interrogazioni iniziava, intermezzava e finiva le frasi con dei lunghissimi ehmmmm, che diventavano tanto più estesi e frequenti, quanto meno era (o si sentiva) preparata.
Un vero strazio per le nostre orecchie: l’equivalente di dieci gatti che scivolano contemporaneamente sulla lavagna di ardesia, con gli artigli estroflessi. Inascoltabile.
Da vera maligna, già allora la ritenevo un po’ sopravvalutata scolasticamente, e ancora oggi credo che il vero motivo per cui i docenti le davano velocemente bei voti, era per farla smettere di (non) parlare!
Le azioni imprescindibili in comunicazione
Quello della comunicazione efficace è il tarlo di tutt* noi.
Ci teniamo a parlare bene, ad essere ascoltati e capiti, a muoverci con sicurezza e disinvoltura nello spazio durante l’interazione con gli altri e le altre, a mostrarci capaci e competenti e credibili, ma spesso non ci riusciamo.
Saper comunicare è un’arte complessa: è davvero la competenza per eccellenza, quella che ti permette di fare la differenza nelle relazioni interpersonali, nella vita e nel lavoro.
Mai come oggi, questo concetto ci viene ribadito da più parti: se vuoi avere successo (anche solo etimologicamente: se vuoi che accadano le cose che ti interessano), devi essere efficace nella comunicazione.
Devi saper parlare, ascoltare, guardare, osservare, vedere, farti capire, saper fare domande, verificare le risposte, parafrasare, riformulare, creare immagini suggestive o evocative o avversive (in base allo scopo) e, per essere realmente persuasiv*, devi essere in grado di indurre all’azione chi hai di fronte.
Efficienza ed efficacia comunicativa: conoscerle per utilizzarle
Ti sei mai chiest* perché si parla sempre di comunicazione efficace e mai di comunicazione efficiente?
Qual è la differenza, se c’è?
Sei efficiente quando riesci a dire il maggior numero di cose possibili rispetto a quelle che hai intenzione di trasmettere, mentre sei efficace, quando ti prendi la briga di verificare quante cose ha capito chi hai di fronte, rispetto a quante ne hai dette.
In sostanza, l’efficienza comunicativa è auto-centrata, mentre l’efficacia comunicativa è etero-centrata. Non è che l’efficienza non sia importante, ma cambia completamente il focus.
Qualunque buon manuale di comunicazione – e se vuoi un consiglio non richiesto “Parlare da Dio” di Bernardo Paoli è una lettura utile e pragmatica – ti dirà che comunicare è cosa diversa dal parlare.
Comunicare è un processo più ampio, articolato e complesso e ha sempre un duplice obiettivo: trasmettere un messaggio e far intraprendere un’azione all’interlocutore.
E difficilmente raggiungiamo tali obiettivi attraverso le “non parole”.
Ricorda che è sempre la dose che fa il veleno
La tossicità delle “non parole” non è intrinseca, se le usi di tanto in tanto non vanifichi il messaggio, ma se esageri, sì. Se riempi di vuoto i tuoi discorsi per senso di inadeguatezza o timore del silenzio, se ammorbi l’uditore con una sequenza di eeeeee strascicate e infinite, allora ciò che dici passa in secondo piano e resta impresso solo il modo.
Una comunicazione efficace è per definizione ecologica. Pulita. Essenziale.
Ciò a cui devi puntare, quando parli, è l’efficacia pragmatica. Ci sono innegabilmente alcune espressioni che funzionano più di altre, che hanno una maggiore incisività sulle persone. Imparale e utilizzale sapientemente.
Come liberarsi dalle “non parole”
La comunicazione non ci viene mai insegnata durante il percorso scolastico, eppure è una competenza per la vita. I più fortunati fanno qualche corso in azienda, quando sono ormai adulti e sono costretti a fare una gran fatica a correggere abitudini disfunzionali e ad acquisirne di nuove, più funzionali.
La buona notizia è che non è mai troppo tardi per cominciare a comunicare in maniera funzionale e strategica, e soprattutto consapevole. Se vuoi padroneggiare le regole di una comunicazione efficace, per prima cosa liberati dall’uso smodato delle “non parole”. Riducile al minimo.
Per farlo, comincia a registrarti (audio o video), a riascoltarti e rivederti, e prendi coscienza dell’avversione che anche tu avvertirai nei loro confronti.
Pensa che ogni volta che vuoi far fallire una conversazione o un discorso pubblico (compresa la riunione in ufficio o quella condominiale) è sufficiente che inserisci nel discorso parole vuote e inutili e ridondanti e strascicate e la figura del fesso o della sfigata è assicurata.
Ti ho creato sufficiente avversione?
Poi, comprati qualche buon manuale e studia le regole auree della comunicazione e mettile in pratica, ogni giorno, con chiunque. Senza sosta. Non temere di sentirti inautentic* o poco spontane* all’inizio, è normale. Sarà la pratica a renderti espert*.
Preparati. Prima di affrontare qualche colloquio o conversazione o evento pubblico importante, pensa, elenca, scrivi, ripulisci, correggi, affina ciò che vuoi dire. Fai alcune prove davanti allo specchio e ancora una volta registrati e riascoltati. Sii un/una giudice severe ma equo/a. Tieni ciò che funziona ed elimina il resto.
Prendi la parola in pubblico sempre più spesso. Ricorda che ogni occasione è propizia per fare pratica. Se cerchi scorciatoie, perdi solo tempo.
Sii tenace. In fondo, come ci insegna il saggio, la spontaneità non è che l’ultimo apprendimento, ormai divenuto acquisizione.
Cosa ne pensi?
Formatrice, coach e problem solver strategica, titolare del brand aula41. Mi occupo di sviluppo personale, professionale e organizzativo: con chi si rivolge a me per risolvere problemi o raggiungere obiettivi, co-costruisco strategie sartoriali. Non fornisco pesce, insegno a pescare. Iscritta al Registro dei Formatori Professionisti AIF (Associazione Italiana Formatori - n. 912), sono attualmente Vice Presidente Regionale AIF in Trentino Alto-Adige.