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Coronavirus: quanto vale una vita umana?

Coronavirus: quanto vale una vita umana?

  • Esistono modalità di calcolo del valore (in euro) della vita
  • È normale provare confusione di fronte a meccanismi che ci sfuggono
  • La libertà personale è meno "libera" di quel che sembra
Coronavirus

Quale prezzo ha una vita umana? Con l’emergenza Coronavirus che diventa incandescente, ogni decisione passata, presente e futura per gestirla viene messa in discussione, spesso tralasciando un elemento importante: la vita umana ha un prezzo  —  anche se ci piacerebbe pensare il contrario.

Contano più le vite o i denari? 

La valutazione di quali misure di prevenzione o contenimento adottare, ha l’obiettivo di salvaguardare vite umane? Sì e no.

Il fine ultimo delle politiche (non necessariamente della Politica) è  — semplificando—  massimizzare il livello di benessere collettivo. Ma cos’è il benessere collettivo? È difficile calcolarlo in maniera esatta, quindi diciamo che possiamo utilizzare un’approssimazione. 
Qual è una buon approssimazione? La risposta brutale è una sola: i soliti denari.

Ne avevamo già parlato a proposito dell’inquinamento, ma meglio ripeterlo. 

Considerando che i denari sono per definizione una risorsa finita, lo Stato dovrebbe assumere decisioni che massimizzano la ricchezza collettiva. Ricchezza vuol dire benessere, perché implica che venga prodotta, che chi la produce riceva un mezzo di sostentamento per alimentarsi, e che ci sia “carburante” per alimentare i servizi (sanità, forze dell’ordine, approvvigionamenti ecc.).

Tornando alla domanda iniziale, se cioè contano più le vite o più i soldi nella gestione dell’emergenza Coronavirus, la risposta è che contano di più i soldi perché — indirettamente —  i soldi assicurano la vita e la qualità della stessa all’interno di una comunità (in questo caso rappresentata dallo Stato).

Perché alcune decisioni sembrano insensate

Questo mi pare spieghi in parte come mai alcune decisioni ci paiono insensate. Come la storia delle chiusure dei locali per limitare la diffusione del contagio.

Il motivo per cui queste scelte ci disorientano è molto semplice: ci concentriamo sui benefici (riduzione, e non azzeramento, del rischio contagio) e ci scordiamo i costi (mancati introiti per i bar e, indirettamente, per lo Stato e la collettività).

Infatti, nel valutare cosa fare a tutela della collettività, il policy maker valuta il rapporto tra costi e benefici potenziali (potenziali sottolineato tre volte) di una determinata azione. Per cui, in una scala crescente a seconda dei vari ingredienti che riguardano l’emergenza Coronavirus (gravità, potenziale rischio, potenziali benefici) valuta le azioni perseguibili per ottenere la migliore torta possibile. Non la migliore in assoluto.

Una vita, in Euro

Per inciso, questa dinamica ha in un certo senso a che fare con quella che in economia si chiama tecnica di valutazione dei progetti. È la stessa che si usa per decidere, che so, quali fasce della popolazione vaccinare (appunto) per un ordinario virus dell’influenza, o quali limiti e norme introdurre per ridurre il numero di incidenti stradali.

Prendo quest’ultimo esempio perché è significativo: se volessimo azzerare ad esempio gli incidenti in autostrada, ci sarebbe una soluzione banale: riempirla di dossi ogni dieci metri e obbligare tutti ad una velocità massima di 20 km/h. Non sfugge a nessuno il beneficio in termini di vite umane, ma a quale costo, a quale prezzo? Cioè, quanti denari perderebbe il sistema Paese a fronte di una simile iniziativa?

Ho preso questo esempio, perché almeno fino al 2017 il Ministero dei Trasporti il costo di una vita umana lo ha valutato in denari: la stima, sommando la mancata produttività (cioè l’impatto sul PIL del Paese), i danni non patrimoniali e i costi sanitari, è di circa 1,5 milioni di Euro per persona. E state certi che nel valutare iniziative macro per limitare gli incidenti il costo della vita umana verrà messa sul piatto della bilancia con i mancati ricavi determinati dalla stessa iniziativa.

Gli studi su quello che viene chiamato valore statistico di una vita sono ampi e necessariamente utilizzati per la presa di decisione. Qui trovate un paper di approfondimento con relativo riferimento al contesto italiano, dove il valore stimato è di circa 5.6 milioni di dollari. 

Oltre i denari c’è di più 

Il soldo (brutto, sporco e cattivo) conta, quindi. Questo, tra parentesi, è anche il motivo per il quale dovreste sospettare di tutti quei politici che, nell’elogiare gli effetti positivi di una misura, al di là dell’emergenza Coronavirus, dichiarano “se anche una sola persona ha ottenuto benefici da tutto questo, allora io sono soddisfatto”.
Errore gravissimo. In presenza di risorse finite, queste vanno investite in misure che portino il più ampio livello di beneficio possibile a parità di spesa con altre (potenziali) misure. Altrimenti la scelta è ideale  — e ci può stare —  ma allora va dichiarata come tale. E sono eccezioni, non possono diventare la regola. 

Ma oltre i denari c’è di più, ovviamente. Talvolta, nelle valutazioni dei costi e dei benefici intervengono delle stime, e le stime prevedono degli assunti ed una serie di decisioni che possono essere per natura orientate, condizionate, a seconda del soggetto che le fa (non serve che stia qui a ricordarvi come è andata con la relazione costi/benefici sulla TAV). 

Possono intervenire gruppi di pressione, nel migliore dei casi, e corruzione nei peggiori dei casi. Inoltre ci sono le leggi. Pensate al ricorso alla quarantena e al diritto fondante sancito in Costituzione della libertà personale, da limitarsi solo nei casi stabiliti dalla legge e con criterio di proporzionalità e adeguatezza (non è un caso se sentite nominare come un mantra questi due termini quando presentano le misure per contenere il contagio da Coronavirus).

Insomma, la valutazione in questi casi è un’attività umana e come tale ha margini di imperfezione e quindi di errore, fisiologici e patologici. Ma, è bene ricordarlo, è un’attività che ha comunque una base tecnica e delle sue logiche di fondo, anche se a volte ci sfuggono. 

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