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Fai un lavoro da donna o un lavoro da uomo?

Fai un lavoro da donna o un lavoro da uomo?

Io faccio un lavoro da uomo. O almeno: fino agli anni ’70 con ogni probabilità è stato prevalentemente un lavoro da uomo. Ho lavorato in un’agenzia pubblicitaria dove ovviamente i ruoli apicali erano tutti occupati da maschi. Amministratori delegati uomini, direttori creativi uomini (quelli esecutivi e quelli che guadagnavano di più)- reparti creativi guidati prevalentemente da maschi nonostante la presenza femminile di creative fosse abbastanza equa.

Un mio direttore creativo una volta disse che secondo lui le donne in agenzia non dovevano esserci e si doveva tornare ad avere le donne in casa, al focolare.
Io in quel periodo ero la copy che vinceva più antenne a Radiofestival. Nessuno come me in agenzia.
Eppure.

Ma esistono ancora i lavori da donna e i lavori da uomo?

Se sfogliate un libro delle elementari probabilmente scoprirete che gli stereotipi sono vivi e vegeti e che infarciscono ancora i testi su cui si formano i nostri figli e le nostre figlie. Nulla di strano quindi se ancora oggi si pensa che alcune professioni o alcune attività siano “cose da uomo”.
Secondo questo video americano, il 66% delle liceali ama la matematica, ma sono il 18% poi si specializza in ingegneria. Si tratta solo di attitudine o forse le ragazze si sentono ribadire continuamente che non è “roba per loro”?

Per togliermi ogni dubbio ho lanciato il sasso nella mia bolla Facebook e ne sono scaturite risposte davvero interessanti.
La cosa che posso dire è che no, non ci sono lavori esclusivamente da uomo o lavori da donna, che la prestanza fisica non è determinante per svolgere una professione. Certo, gli stereotipi ci sono ancora, ma stanno via via venendo meno. Ecco alcune delle professioni più curiose.

Donne e motori

La carrozziera: CarrozzeRita- che sono felice di citare per prima, è la mia carrozziera. Quando mio marito ha sfasciato la macchina (lui, non io), le nostre assicuratrici ci hanno mandati da lei. Donna forte e decisa gestisce da anni la sua carrozzeria avendole trovato pure un naming niente male. Precisa, puntuale, ve la consiglio vivamente. Sa il fatto suo.

Serena Sabella gestisce con la sorella una concessionaria di auto.
Ha quasi tutti dipendenti uomini ma ha anche una meccanica donna nello staff.
Mi racconta che all’inizio la parte più ostica è stata guadagnare la fiducia dei clienti perché di solito è l’uomo “quello che ci capisce di motori”.
Mi conferma che le resistenze c’erano anche da parte delle clienti, ma tutti, una volta confermata la loro competenza, hanno abbandonato qualsiasi preconcetto.

Novità anche nel mondo della meccanica dove, ad un mio cenno, si è scatenato l’inferno tra ciclomeccaniche bravissime ed esperte di motori di auto e di motociclette, tra cui spicca anche una esperta di moto d’epoca.
Anche al volante promettiamo bene: mi segnalano nomi tra le autiste dei pullman di linea e tra le tassiste.
Mi citano mulettiste e camioniste, movimentazione box per navi. Insomma: non stiamo parcheggiate a guardare in nessun ambito e stiamo trovando il nostro spazio.

Io robot, tu programmatrice

M. fa l’hacker. Mi racconta della sua attività: viene considerata a metà tra una perla rara e una pecora nera. Dipende. La fatica è dover dimostrare sempre di essere più brava degli uomini, anche se hai clonato il server di una banca estera – dopo quell’evento è diventata un punto di riferimento del settore anche per le forze dell’ordine. Per me lei è una specie di supereroina. Mi racconta che la cercano sia i buoni che i cattivi. Mi parla dei suoi computer al femminile e mi dice che il suo primo pc 286 era proprio una ragazza.
Nella sua carriera ha fatto arrestare un po’ di gentaglia, insegue pedofili e affini sul web. Ditemi voi se non è un cazzo di personaggio da serie Netflix! Cela il suo talento sotto l’aspetto di una normale freelance a partita IVA che realizza siti.

Non chiedetemi il suo contatto perché non ve lo darò, a costo della mia stessa vita. Mitica come nessuna, meriterebbe un romanzo solo per raccontare la sua storia. E non è detto che non la convinca a farlo.

In ambito computeristico e affine per fortuna la presenza femminile si sta infoltendo, io stessa ho nel mio team una validissima ragazza smanettona e se ne trovano sempre con maggior frequenza. Girl power!

Ti proteggo io!

Serena Viviani inizialmente mi era sfuggita alla cernita, poi me ne sono ricordata: è un’amica che fa la guardia giurata, gira armata, guida un’Harley Davidson con su scritto Sheriffa – e c’è da crederle.
Forse non suona stranissimo ormai che una donna faccia la guardia giurata, probabilmente merito del fatto che ci siamo abituati alle donne poliziotte e da lì vederle anche in altre divise è stato un attimo.
Nel mondo della security mi citano varie figure: la ex fidanzata di origini israeliane di un amico era nella sicurezza di una catena alberghiera, un mio amico sotto scorta ha avuto anche donne in organico.

Il lavoro dal nome strano

Ma la palma del lavoro incredibile che non sapevo nemmeno esistesse e ancor meno che fosse fatto da una donna è il tanatoprattore (o tanatoprattrice, immagino, al femminile)- testualmente quella persona che si occupa della salma della sua conservazione e del ripristino in modo tale da renderlo presentabile. Un po’ “la morte ti fa bella” ma davvero, nel senso che c’è qualcuno che si occupa del tuo cadavere rendendolo un corpo su cui piangere in modo che sia una consolazione e non una disperazione.
Tanto di cappello per la sensibilità. So che lascerò scritto qualcosa a riguardo perché ci tengo a “fare un bel morto” o nel mio caso “una bella morta” quando sarà il mio turno.

Stereotipi sempre e comunque

All’inverso, in ambito “uomini che fanno lavori da donna” sono soprattutto gli ostetrici quelli che mi vengono citati mentre i make up artist non sono così insoliti, ma si sentono chiedere spesso se sono omosessuali, e anche questo è un continuo stereotipo.
Qualcuna mi cita il lavoro del maestro- ruolo che effettivamente è quasi sempre occupato da donne come se l’avere a che fare con la formazione dei più piccoli sia una specie di proseguimento del lavoro di cura che solo le donne possono svolgere.
Ma stanno finalmente comparendo baby sitter e assistenti uomini – o meglio, ragazzi, visto che in genere sono giovani- anche negli asili. E vi assicuro che avere come riferimento sia figure maschili che femminili per i bambini fa una grande differenza. È uno stimolo davvero incredibile.

Se sei una donna, devi guadagnarti la credibilità

Nel caso di “donne che fanno un lavoro da uomo” tutte, indipendentemente dal settore, mi dicono che bisogna lavorare più di un uomo per essere considerate all’altezza. Devi dimostrare di più, essere di più, arrivare più in alto. Quando si tratta di noi l’asticella viene posta sui ritti tanto così più in alto, nonostante la nostra rincorsa parta da un punto più lontano, nonostante gli ostacoli siano maggiori.
Ribaltare uno stereotipo vuol dire convincere le persone una a una, donne comprese, che siamo capaci e siamo competenti tanto quanto.
Forse una delle soluzioni possibili è cominciare rappresentare di più le donne in lavori che comunque competono anche noi. E uomini in ambiti che di solito non li vedono protagonisti.

Raccontare e mostrare sono gli antidoti all’ignoranza del “tu non lo puoi fare”.
Basti pensare alla splendida iniziativa in sostegno di Baby George, il Principino, che ama danzare e che è stato preso in giro durante un notiziario dalla conduttrice di Good Morning America. Detto fatto Times Square si è riempita di ballerini per difendere il suo diritto ad essere ciò che vuole, in scarpette da ballo e calzamaglia.

Come la pensate? Ci sono lavori che l’uno o l’altro genere proprio non possono fare? O basta la professionalità?

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