
Scrittore semplice | Co-Founder Purple&People | Papà di Nicolò, Giorgia,…
C’è qualcosa di più preoccupante del bullismo del quale si è parlato in seguito allo spot di Banca Intesa. E viene fuori con altri due video apparsi da poche ore. È un mix di ignoranza, equivoci e paura.
L’ignoranza delle dinamiche della rete
Troppo spesso si arriva a conclusioni superficiali, si perde tempo a decidere se questo mondo on line sia buono o cattivo. Domanda stupida. La possibilità di comunicare on line ha permesso a tutti di dire la propria, di raccontarsi, di spiccare senza raccomandazioni e senza chiedere il permesso.
Avvicina le persone ma a patto che si cerchi davvero il contatto e non l’applauso.
Di contro, e mi sembra talmente inutile ripeterlo, è un’incredibile amplificatore. Specie se si tratta di cose brutte, o ridicole.
Per mesi si è scherzato sul video di una ragazza finito per incoscienza (e/o dolo) in rete. Quella ragazza si chiamava Tiziana Cantone ed è morta. Morta molto tempo prima che scegliesse di togliersi la vita. E di questi casi ne abbiamo visti troppi per continuare ad ignorare il pericolo. Non della rete ma di non usare testa e prudenza al tempo della rete.
Clamorosi scivoloni, come ad esempio l’ultimo di Carpisa, o quelli di Barilla a proposito delle famiglie normali o non normali, insegnano che per spiccare per merito ci vuole il tempo di sempre, nel male basta un attimo.
L’equivoco
L’equivoco che si debba far ridere la gente per comunicare on line, che sia una gara cabarettistica.
Persone che rinunciano alla propria dignità per sentire un applauso tecnologico, per sentirsi importanti o qualcosa o parte di qualcosa.
Ci sono tantissimi casi meno noti ma altrettanto tristi e pericolosi. “Saluta Antonio” in questo momento mi sembra uno dei punti più bassi. Altri preferisco tacerli sin quando non sono così noti.
E la cosa incredibile è che non sia solo un gioco da ragazzi ma finiscano per crederci anche aziende e professionisti.
Un altro video (secondo HuffPOst confermato da Banca Intesa) spiega bene il concetto.
[responsive_video type=’youtube’ hide_related=’1′ hide_logo=’1′ hide_controls=’0′ hide_title=’1′ hide_fullscreen=’0′ autoplay=’0′]https://youtu.be/0VBJpEIylVw[/responsive_video]Il mezzo più vecchio di sempre per ottenere attenzione: rendersi ridicoli. Ma davvero siamo a questo punto? Alle soglie del 2018 ridotti tutti a buffoni di corte?
Tristezza.
Ma l’equivoco è anche quello di comunicare dal palco, di credere che bisogna essere persuasori, e bravi, e maghi della telecamera. Che ci voglia la dizione perfetta ed il sorriso smagliante. Che la comunicazione, il comunicare sia tutto sul mezzo e meno sul messaggio.
E qui mi vengono in mente ancora i poveri cristi di banca intesa messi alla gogna. E non perché da dilettanti si sono cimentati in un video che finiva on line ma perché hanno provato a scimmiottare i professionisti.
O meglio, e questo è il problema di ogni storia, perché qualcuno gli ha inculcato che bisogna recitare un copione.
Io stento a credere che la signora Katia se la incontri in banca ti parla in quel modo. O che tutti insieme non facciano un cervello come è sembrato.
Immagino siano persone normali, mediamente interessanti come tutti. Penso che si fossero presentati con qualche tic nervoso, con la lingua che si inceppa come è normale quando non sei abituato, se avessero parlato come quando sono dietro allo sportello, sarebbe andata meglio. Quasi bene.
Il problema è che questo apparire invincibili ci sta distruggendo. Porta ad esserci la parte meno coinvolgente di noi. Allontana, ci allontana l’uno dall’altro.
Se le orecchie di coniglio sono meglio delle occhiaie…
E poi c’è una verità che fingiamo di non vedere, forse la risposta al punto precedente.
Abbiamo così paura del giudizio delle persone che preferiamo ci si dia del “pazzo”, si rida di noi perché “buffi” anziché mettere in mostra ciò che siamo davvero.
Mi viene da pensare a Snapchat o agli effetti di Instagram utilizzati per le storie, o altri artifici tecnologici che si possono usare per indossare una maschera e nascondersi.
Paradossale. Abbiamo un tremendo bisogno di farci vedere ma non ci vogliamo mostrare.
La paura di mostrarsi umani e fragili. Il motivo per il quale viene facile vestirsi in maschera ma si ha paura di mostrare un look originale.
Per il quale si considera trendy apparire in video con orecchie da coniglio ma ci si sente a disagio nel mostrare normalissime occhiaie.
Huffpost ha scritto “Cosa c’è dietro questo video per cui tutti state ridendo…”
Guardando cosa c’è dietro, pensandoci bene, non c’è affatto da ridere. Prendendo una frase da un passato che appare lontanissimo: non ci resta che piangere.
#ionocistoperniente
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Scrittore semplice | Co-Founder Purple&People | Papà di Nicolò, Giorgia, Quattro (Schnauzer) e Pixel in crisi (libro) Aiuto le persone a trovare-raccontare-vivere il proprio scopo. Qualcuno parlerebbe di Personal Branding ma preferisco dire “Posizionamento personale”. (Perché non riguarda affatto solo il tuo lavoro e perché l’obiettivo è vivere pienamente e non essere scelti da uno scaffale.)