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Non c’è fretta

Non c’è fretta

Volendo sintetizzare, oggi ci sono solo due tipi di persone: quelli che credono di vivere nel momento più complicato della storia, quelli che invece pensano sia il migliore di sempre. Entrambi, in modo diverso, vivono sotto pressione.

Nel primo caso, la pressione è semplicemente la ricerca di un modo per andare avanti, uscire, strisciare fuori da ciò che chiamano crisi. È una pressione strana. Da una parte creano ogni giorno alibi di ferro per fallire, per non cercare di cambiare le cose. D’altra parte, come è normale, nutrono una speranza, un sogno segreto, di svegliarsi fuori dal campo di battaglia.

I secondi vivono una pressione diversa. Più complicata. La pressione del “successo”.

Se questo è il miglior momento della storia, e credo lo sia, significa che ciascuno di noi è destinato, o ha le potenzialità, per fare qualcosa di grande. Di enorme.

Niente di nuovo

Per certi versi non è niente di nuovo. Un giovane di venti o trent’anni fa provava più o meno la stessa pressione. Diplomarsi, laurearsi (ma non necessariamente), trovare un lavoro, formare un famiglia, comprare una casa.

Ho detto “più o meno”.

I giovani di oggi (ma anche i più grandicelli) non possono guardare agli stessi obiettivi. Diplomarsi non è più in discussione. Per anni non lo è stato neanche laurearsi. Poi una laurea è diventata quasi una maledizione, oggi quasi tutti i grandi pensatori concordano sia una “cosa obsoleta”. La ricerca del lavoro ha assunto toni completamente diversi, talvolta drammatici. Nella maggior parte dei casi siamo arrivati a credere che il lavoro si “crea”.

Sino a dieci anni fa poteva significare aprire una piccola attività, oggi significa far funzionare un’idea. Più un mucchio di altre strade che sarebbero apparse ridicole solo qualche anno fa – tipo aspirare a diventare famoso in qualcosa e per qualcuno!

Il confronto

Per coloro che credono nel mondo delle possibilità, vivere in questo o in quel “tempo” non cambia di molto la situazione: la pressione si sente.

Ciò che però ha cambiato completamente le regole del gioco è da dove arriva la pressione.

Una volta poteva essere la pressione familiare, le aspettative di chi avevi vicino. Di chi voleva il tuo bene, di chi confidava in te per qualche motivo. O “di chi avevi vicino” inteso come il circolo delle persone con le quali potevi confrontare il tuo ruolino di marcia. “Tizio ha già comprato casa…”

Oggi la pressione è esterna ma in un certo senso è dentro di noi. Siamo bombardati da casi di successo ogni minuto. Ci arriva una notifica per farci sapere dell’exit multimilionaria. Sappiamo che ci sono trentenni che sono diventati (non hanno ereditato…) i più ricchi del pianeta.

Persone delle quali non conosciamo nulla ci ridono in faccia. Persone delle quali non conosciamo nulla ostentano un successo continuo.

Cosa c’è di sbagliato se non abbiamo ancora successo? O se abbiamo un successo ridicolo rispetto quello degli altri?

Va tutto bene

Probabilmente va tutto bene. È solo un “regalo” di questo mondo digitale, è l’euristica.

Funziona esattamente con le notizie cattive, con coloro che credono che questo mondo faccia schifo e che sia il peggior momento per vivere e lavorare.

Le notizie cattive vengono amplificate, vengono create e ci seguono. Arrivano a sembrare tutto ciò che c’è.

Lo stesso con quelle positive. Le seguiamo e dunque le vediamo.

È un Retargeting di successo o insuccesso secondo i casi. Ma non è esattamente il Mondo.

Come ha osservato Whitney Johnson, per 30 persone multimilionarie sotto i 30 anni ci sono, solo negli Stati Uniti, oltre 40 milioni di ragazzi che non lo sono, molti hanno gli stessi problemi di sempre, come trovare un lavoro.

Va tutto bene. Va tutto bene, quando si comprende che le uniche pressioni accettabili sono quelle date dalle aspirazioni personali e non da parametri fuori norma ed aspettative irrealistiche.

Definire il Successo oggi

Per quanto possa sembrare tutto nuovo, funziona ancora come prima. Il successo è sempre qualcosa che si sbaglia a voler definire.

In “Open”, Andre Agassi ha raccontato che dopo aver raggiunto il primo posto nella classifica mondiale si sentiva vuoto e insoddisfatto. Fu solo quando vinse l’Open di Francia ed investì i guadagni per costruire scuole per i bambini svantaggiati che sentì un profondo senso di realizzazione.

Il messaggio che ne viene fuori è la cifra di questi tempi. Non si tratta di cose, di bilanci, di ranking nei vari social. Non c’è un solo modo per fare le cose. Il successo oggi è fare ciò che si ama, fare qualcosa di significativo ogni giorno.

È qualcosa di personale e non possono dunque esserci metri di paragone. Non ci si può paragonare agli altri e vedere se si è avanti, indietro, in tempo o in ritardo.

[clickToTweet tweet=”Il successo lo abbiamo già conquistato: è dare un proprio significato alla parola ed alla nostra vita” quote=”Il successo di oggi forse lo abbiamo già conquistato: è dare un proprio significato alla parola ed alla nostra vita.”]

Non c’è fretta. 

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