Dal 2007 mi occupo del Career Service di Fondazione Campus…
L’etichetta non è qualcosa che ti appiccichi addosso, ma può essere ciò che ti rende unico.
In francese l’étiquette è l’insieme di regole o abitudini che siamo soliti utilizzare in contesti sociali e professionali. Una sorta di protocollo sociale. Da qui il nome inglese di business etiquette. O quello che in Italia definiamo Galateo a più ampio raggio di azione (dall’ambito sociale a quello professionale e diplomatico).
Laddove ci sono le regole, ci sono anche strappi alla regola, le eccezioni. Ma le regole servono e favoriscono l’equilibrio di relazione tra due o più persone. Si dice che la legge è creata per il lieto (con)vivere, e penso che nessuno dovrebbe metterne in dubbio il rispetto. Anche perché entreremmo nel campo di discussione della civiltà o inciviltà.
La regola nell’etichetta è una convenzione sociale che siamo soliti rispettare talvolta anche senza accorgersene. Però credo che riflettere sulle nostre azioni quotidiane possa essere un guardare oltre, un capire veramente di che pasta siamo fatti e capire dove possiamo mettere quell’elemento straordinario di noi da farlo diventare il nostro segno riconoscibile. Come fare per fare la differenza in un mondo di convenzioni sociali, dove il Galateo ci insegna che talvolta se non sai sei fuori?
Gli inglesi quando si incontrano si chiedono “how are you?” ovvero (letteralmente) “come sei?” e non “come stai?” come nel corrispettivo in italiano: ciò che mi interessa è come sei qui e ora, qual è il tuo stato d’animo nell’incontro con me. Ecco la prova tangibile che il galateo dovrebbe e potrebbe servire per stabilire una connessione con l’altro che vada oltre la mera convenzione sociale.
Si instaura un rapporto che, seppur disseminato di orpelli di stile, mira a raggiungere pienamente il dialogo e la relazione con l’altro.
Credo che una cosa che non debba essere messa mai in discussione sia l’Educazione, l’educazione come chiave per aprire le porte all’altro e predisporsi bene al contatto sociale. Educazione che deriva dall’essere educati, senza giri di parole, significa essere culturalmente aperti e formati alla relazione. Oggi c’è troppo “savoir faire” per dirla alla francese, parto con l’improvvisazione, ci provo, mi butto. Ma seppur questa determinazione sia positiva in un contesto in cui si deve provare a fare o raggiungere qualcosa, in società non si dovrebbe mai improvvisare, perlomeno per quanto riguarda il comportamento e l’educazione.
Sul resto possiamo lavorarci ed è possibile fare la differenza pur consapevoli di rispettare la libertà altrui. Per assurdo poi la vera libertà sta nel muoversi entro certi limiti (le regole), riuscire a esprimere se stessi con creatività e coraggio in uno spazio di azione definito.
Una delle limitazioni può essere, nei tempi che stiamo vivendo, quella di riuscire a gestire la relazione e applicare le regole del galateo quando le persone interagiscono senza attuare tutti gli elementi della comunicazione, ovvero utilizzando solo il linguaggio verbale escludendo il paraverbale e il non verbale, come nello scambio di e-mail o nelle chat. Qua l’etichetta si fa netiquette. Il predominio in questi casi risiede nella parola e nel contesto in cui viene presentata.
Emanuele Invernizzi e Alessandro Lucchini ci dicono, per esempio che, «l’email più efficace è quella breve con un solo argomento che usa parole chiare scritta in forma diretta senza ammiccamenti, senza allusioni». Scompaiono quindi gli elementi relativi alla forma intesa come stile e come orpello e la comunicazione si fa più telegrafica, ma non per questo non deve rispettare le regole del buonsenso.
Nella business etiquette è necessario un atteggiamento consono per poter essere un buon lavoratore, ma anche per favorire il business e lasciare un bel ricordo di noi a un ipotetico acquirente, partner o cliente. Se acquisiamo più competenze nella gestione delle relazioni, grazie alla business etiquette, ma anche al buonsenso, poniamo le basi per l’acquisizione di una competenza fondamentale come la leadership. Sa gestire gli altri, chi per primo sa relazionarsi e sa istituire buone connessioni tra le persone lavorando sul comportamento, sulla necessità e sul rispetto delle regole.
Che poi non è altro che sapersi predisporre e aprirsi agli altri. Non è difficile. Sempre questa è la faccenda. Dale Carnegie diceva nel suo manuale “Come trattare gli altri e farseli amici” che «il sorriso è messaggio di buona volontà. Il vostro sorriso illumina la vita di tutti quelli che vi vedono.»
Cosa ne pensi?
Dal 2007 mi occupo del Career Service di Fondazione Campus di Lucca ovvero supporto gli studenti dei corsi di laurea e dei corsi professionali della realtà formativa a orientarsi nel mondo del lavoro e trovare le opportunità formative e professionali più confacenti alle loro competenze e attitudini cercando di favorire il placement. Nel corso degli anni ho ampliato le mie conoscenze di comunicazione e marketing per comprendere la relazione tra le persone e il lavoro focalizzando l’attenzione sulle tecniche di personal branding e reputazione offline e online.