All’età di tre anni ho deciso di diventare vegetariano; in…
La sbronza ti sta bene
Abbiamo tutti quell’amico simpaticone che si diverte a postare le foto più imbarazzanti di una festa un po’ sopra le righe. O peggio: siamo noi stessi a trovare la cosa talmente divertente da volerla condividere con tutti, compresi i potenziali datori di lavoro.
Il primo consiglio, che a me sembra banale, è di preoccuparvi di configurare bene i livelli di privacy dei vostri conti social, soprattutto di Facebook. È importante definire CHI può vedere COSA; e ricordatevi: se un amico commenta un vostro post, questo si ritrova anche nei suoi feed, e può essere visibile dai suoi amici (ma potete evitarlo, configurando bene i diritti).
Il secondo consiglio è di mettere un filtro ai tag e a chi scrive direttamente nella vostra bacheca: fate in modo che dobbiate approvare questo genere di intrusione nella vostra vita privata. Decidete voi cosa apparirà sul vostro profilo: non lasciate questo privilegio ad altri.
Una mina di informazioni
Negli Stati Uniti, dove sono sempre un po’ più avanti quando si tratta di questo genere di mode, più del 90% dei datori di lavoro fa delle ricerche su internet per trovare delle informazioni sui candidati.
Lo faccio anch’io, ma non sistematicamente. Mi capita soprattutto quando c’è un’informazione sul CV che non capisco bene e in preparazione del colloquio. Ad esempio, verifico le attività di un datore di lavoro precedente, oppure cerco di capire se chi ha firmato quella fantastica lettera di referenze è parente del(la) candidat*, oppure lo stesso cognome è un’ironica coincidenza.
Fare pulizia
Oltre a rivedere regolarmente ciò che avete pubblicato sui vostri profili (o ciò che hanno pubblicato gli altri per voi), vi è possibile fare ricorso a dei software e a delle società specializzate nel pulire gli armadi e far sparire gli scheletri.
Un sito utile è Rep’nUp. Tra l’altro, giusto per informazione: cito alcune soluzioni che conosco e con le quali però non ho nessun tipo di affiliazione. Vi consiglio di fare una veloce ricerca online per altri software di questo tipo.
Un’altra app semplice e abbastanza efficace è, ad esempio, Socialsweepster. Analizzerà le vostre foto, proponendo una selezione di quelle che sembrano compromettenti (tipicamente, tutto ciò che ha a che fare con bottiglie e bicchieri). Permette persino di identificare i post con parolacce: non è fantastico, ca%&o?!
Cosa ne pensi?
All’età di tre anni ho deciso di diventare vegetariano; in seconda elementare, la maestra ha convocato i miei genitori perché “non era normale” che un bambino conoscesse tutti i nomi dei funghi in latino; a 13 anni ho amato per la prima volta senza sapere che non era amore; a 15 ho smesso di fare decathlon perché odiavo la competizione; ancora minorenne, sono stato processato da una corte marziale. A 20 anni mi sono sposato e a 23 ho divorziato; a 25 anni dirigevo una start-up che ho fatto fallire; a 29 ho avuto la meningite, sono morto ma non ho saputo restarlo. A 35 anni ho vissuto una relazione poliamorista e sono diventato padre di figli di altri. A 42 mi sono licenziato da un posto fisso, statale e ben pagato per fondare l’Agenzia per il Cambiamento Purple&People e la sua rivista Purpletude. A parte questo, ho 20 anni di esperienza nelle risorse umane, ho studiato a Ginevra, Singapore e Los Angeles, ho un master in comunicazione e uno in digital transformation e ho tenuto ruoli manageriali in varie aziende e in quattro lingue diverse: l’ONG svizzera, la multinazionale francese, le società americane quotate in borsa, la non-profit parastatale. Mi occupo soprattutto di comunicazione del cambiamento, di organizzazioni aziendali alternative e di gestione della diversità – e scrivo solo di cose che conosco, che ho implementato o che ho vissuto.