All’età di tre anni ho deciso di diventare vegetariano; in…
Per molti, presentarsi a un colloquio di lavoro è come andare dal dentista.
I momenti che precedono l’incontro trasudano (in tutti i sensi) nervosismo e stress. Il nostro corpo, in situazioni come queste, reagisce sempre alla stessa maniera. Non possiamo intervenire più di quel tanto sulla natura, ma prenderne coscienza può aiutare a gestirsi meglio.
Una overdose di adrenalina
La nostra prima reazione in quanto esseri umani, di fronte a situazioni sfidanti, è iniettare nel sangue una bella dose di adrenalina: il battito cardiaco accelera, il sangue porta più ossigeno, le pupille si dilatano e scrutano ogni possibile fonte di pericolo. Siamo pronti allo scatto (e alla fuga).
Succede anche nei minuti prima di un colloquio, per cui il consiglio è di evitare assolutamente caffè, bibite con caffeina e anche la sigaretta (la nicotina stimola l’apporto di adrenalina).
Se ne avete la possibilità, scrollatevi un po’ per far risalire il sangue dalle gambe, dove tende a rendersi utile (pronti allo scatto). Nei colloqui, a parte in certe esperienze che spero non vi capiterà di fare mai, l’afflusso di sangue è utile solo al cervello. Da nessun’altra parte.
A me gli occhi
Inoltre, quando si è nervosi, si ha tendenza a cercare il pericolo con gli occhi, che diventano un po’ ballerini.
Concentratevi e cercate il contatto visivo con il vostro interlocutore: è dimostrato che questo è il modo migliore per decelerare il respiro e, quindi, aumentare la completezza delle frasi.
A bocca asciutta
Un’altra conseguenza dello stato di agitazione pre-colloquio è la bocca secca. Il corpo smette di produrre saliva e questo può portare ad avere l’impressione di aver bisogno di bere, se non addirittura a tossicchiare e a leccarsi le labbra. In realtà, non siete disidratati: semplicemente, siete rimasti a bocca asciutta.
Per ovviare a questo problema, potete mordicchiarvi leggermente la base della lingua, mangiare uno spicchio di limone o, semplicemente, masticare un chewing-gum. Ma mi raccomando: gettatelo prima di cominciare il colloquio (scriverò sicuramente qualcosa su questo argomento, perché ancora troppe persone arrivano nel mio ufficio ruminando come cammelli).
All’età di tre anni ho deciso di diventare vegetariano; in seconda elementare, la maestra ha convocato i miei genitori perché “non era normale” che un bambino conoscesse tutti i nomi dei funghi in latino; a 13 anni ho amato per la prima volta senza sapere che non era amore; a 15 ho smesso di fare decathlon perché odiavo la competizione; ancora minorenne, sono stato processato da una corte marziale.
A 20 anni mi sono sposato e a 23 ho divorziato; a 25 anni dirigevo una start-up che ho fatto fallire; a 29 ho avuto la meningite, sono morto ma non ho saputo restarlo.
A 35 anni ho vissuto una relazione poliamorista e sono diventato padre di figli di altri.
A 42 mi sono licenziato da un posto fisso, statale e ben pagato per fondare l’Agenzia per il Cambiamento Purple&People e la sua rivista Purpletude.
A parte questo, ho 20 anni di esperienza nelle risorse umane, ho studiato a Ginevra, Singapore e Los Angeles, ho un master in comunicazione e uno in digital transformation e ho tenuto ruoli manageriali in varie aziende e in quattro lingue diverse: l’ONG svizzera, la multinazionale francese, le società americane quotate in borsa, la non-profit parastatale. Mi occupo soprattutto di comunicazione del cambiamento, di organizzazioni aziendali alternative e di gestione della diversità – e scrivo solo di cose che conosco, che ho implementato o che ho vissuto.