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Smart Working: come farti passare la voglia di lavorare a distanza

Smart Working: come farti passare la voglia di lavorare a distanza

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Da due mesi circa il mondo sta combattendo contro il Covid-19, obbligando milioni di persone a stare chiuse in casa, tra quattro mura di cemento con ben poche possibilità di uscire, se non per le necessità più importanti.
Ecco che, giocoforza, si è entrati in quella che può essere considerata come una piccola rivoluzione in campo professionale, potendo svolgere le proprie mansioni lavorative senza spostarsi dalla propria scrivania di casa e non essere obbligati ad intraprendere la strada per il tragitto del posto di lavoro, integrando, in alcuni casi, il famoso Smart Working.

L’implicazione è di taglia: un risparmio di tempo, denaro per il carburante, parcheggio e pasti fuori casa oltre che a tanto stress in meno che normalmente viene causato da traffico, code in tangenziale, imprecazioni contro altri automobilisti e tutto ciò che conosciamo fin troppo bene.

I professionisti dello Smart Working

Dal momento in cui ci siamo abituati a lavorare da casa ecco che sono comparsi decine – se non centinaia – di articoli dei professionisti del lavoro da remoto, chiamato erroneamente o giustamente Smart Working.

Articoli dei più vari: come deve essere una buona postazione di lavoro, quali devono essere i tempi giusti per poter lavorare, quali software migliori per poterlo fare, cosa fare se il vostro cane o figlia passa davanti alla webcam mentre siete in una videochiamata e via discorrendo. 

Senza considerare decine di siti e blog che fanno a gara su chi per primo ha adottato lo Smart Working nella propria vita, come una sorta di “ve l’avevo detto”; insomma ostentando insegnamenti su qualsiasi ramo della professionalità a distanza.  

È Smart Working o no?

Da qui sono esplosi i nomi più indicati per questa nuova rivoluzione digitale che già esistevano e che nessuno conosceva tranne i pochi profeti, come appunto Smart WorkingRemote working, Telelavoro, lavoro agile, e tanti altri, dove solamente il primo di questa lista è osannato e considerato come il vero lavoro a distanza che tutti “devono” intraprendere mentre gli altri sono solo sottoprodotti non soddisfacenti da scartare quanto prima. 

Nessuno, a dir la verità ha la soluzione in tasca, ma ci sono dei punti su cui, penso, siamo tutti/e d’accordo: 

  1. Il lavoro va svolto nella maniera che si ritiene più opportuna al lavoratore o lavoratrice, ed al/alla suo/a diretto/a responsabile. 
  2. Se il/la cliente è contento/a allora significa che si è fatto un buon lavoro; a lui/lei non interessa un bel nulla di come viene svolto. 
  3. Chi l’ha detto che bisogna avere per forza una scrivania comoda, con una sedia ergonomica, un laptop da mille euro e lavorare per tot ore al giorno per svolgere un corretto Smart Working?  

Vi faccio un esempio: personalmente io lavoro benissimo in piedi con il computer, appoggiato alla tavola della cucina presa all’Ikea; vicino ho la mia borraccia d’acqua e un sottofondo musicale tramite Spotify. Sono da considerare un ribelle dello Smart Working

Oppure possiamo anche pensare che se io sto bene, se lavoro al meglio con le ore che mi servono per poter raggiungere i miei obbiettivi e vivere serenamente la vita famigliare, allora non avrò bisogno di definizioni specifiche su che cosa è il lavoro a distanza dai decani di questa attività?

Per carità, tutto giusto e corretto inserire dei settori per una nuova organizzazione del lavoro a distanza, però voglio immaginare un tipico impiegato che per 20 anni ha svolto la stessa attività lavorativa (quindi non sa proprio come muoversi nell’ambito informatico) e si ritrova a casa, con un computer (magari) datato, una semplice ADSL ed una famiglia da vivere, sentirsi dire cosa deve fare per essere un bravo “smart worker” e cosa deve assolutamente evitare per non entrare nella sfera di quell’orribile realtà chiamata telelavoro

Sì alla tecnologia, no all’accanimento

Io sono a favore della tecnologia, quella che viene usata per semplificare la vita a tutti noi e che faccia entrare anche un po’ di cultura nel nostro quotidiano e voglio, ripeto “voglio”, che lo Smart Working sostituisca il tipico lavoro impiegatizio così come lo abbiamo sempre conosciuto e che ogni professione tecnicamente adatta all’utilizzo del PC possa essere svolto in maniera diversa.

Ritengo, però, che un accanimento così assiduo quanto inutile da parte degli articoli che leggo in questi periodi, faccia veramente passare la voglia di adottare questo stile lavorativo. Ottiene anzi l’effetto inverso: rafforzare le nostre precedenti abitudini. 

Sono ulteriormente d’accordo al 100% con l’articolo del Politecnico di Milano dove afferma – e spera – che, una volta finito o calmato questo periodo di pandemia, non si torni più indietro, adottando veramente una nuova mentalità nel e sul lavoro.

Io sono dell’idea che non cambierà nulla fino a quando non ci sarà un effettivo e vero cambiamento culturale e sociale, che non dovrà partire solo dalle alte sfere (troppo facile dare la colpa sempre ai soliti) bensì da noi stessi/e, incentivando in maniera corretta l’uso dello Smart working da casa e capire realmente l’importanza del tempo guadagnato. 

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