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L’arte di esercitare potere

L’arte di esercitare potere

La differenza tra leader e manager: l'arte di esercitare potere

Che cosa significa esercitare potere?

Sofocle disse: “Non si può conoscere veramente la natura e il carattere di un uomo fino a che non lo si veda gestire il potere”.
E confesso che, con il passare degli anni, è proprio alle prese con i “piccoli” poteri che mi sono dati che imparo a conoscermi davvero.

Mi osservo nell’esercizio del potere della cura, del potere dell’educazione nei confronti delle mie figlie, del potere della seduzione nei confronti della donna che amo, del potere della convivialità nei confronti degli altri esseri umani. E mi scopro potente come una formica che giunge a sollevare briciole fino a 50 volte il proprio peso.

Uno degli stimoli più importanti che ho ricevuto dai piccoli grandi maestri che ho avuto la fortuna di incontrare (e la sfacciataggine di importunare) è che il potere non va ricercato, ma va creato.
Colui che ha potere davvero, infatti, non è mai colui che si impone sugli altri, ma colui che rende gli altri capaci di camminare con le loro gambe. Non è colui che si rende essenziale, ma colui che si rende utile. Chi esercita davvero il potere non è chi mostra agli altri la realtà, ma colui che mette gli altri nelle condizioni di cominciare a scoprirla da soli, con le proprie mani.

Un giorno un medico cinese mi disse che il potere di curare non si cerca, come una gemma preziosa, ma si sviluppa dentro di noi, come una perla. Chi cerca il potere di curare, infatti, cerca il trucco, l’inganno, l’artificio. Chi, invece, sviluppa il potere di curare, impara a creare con quello che c’è una cura sostenibile e duratura, in quanto gemma dalle potenzialità del paziente stesso.

Fino a prova contraria ritengo che la stessa cosa valga anche per l’esercizio del potere politico, religioso, imprenditoriale, genitoriale.

Come coltivare la propria capacità di esercitare il potere?

Nelle mie ricerche sul tema devo dire che fui molto colpito dal racconto di un vecchio che per qualche anno fu a capo del regno più longevo della storia dell’essere umano: la Chiesa Cattolica o forse dovrei dire lo Stato della Città del Vaticano. Mi riferisco a Papa Giovanni XXIII, che sollecitò i suoi fedeli a fare proprio questo stile di vita

“Guardarsi negli occhi senza sfidarsi;
avvicinarsi gli uni gli altri senza incutersi paura;
aiutarsi scambievolmente senza compromessi;
cercare il dialogo tenendo presente la differenza tra errore ed errante”

In gamba il tipo! Fece una proposta che oggi, come allora, penso risulti ai più facile come camminare sotto la pioggia in una giornata piovosa e, nonostante il bagnato, trovarla un’esperienza piacevole.

Guardarsi negli occhi senza sfidarsi. Senza sentire il bisogno di stabilire chi sia il migliore e chi il peggiore, chi sia il grande e chi sia il piccolo. Anzi, usare lo sguardo per creare una complicità che renda entrambi grandi.

Avvicinarsi gli uni altri senza incutersi paura. Senza sentire il bisogno di essere né di più di quello che si è né di meno di quello che si può essere. Addirittura creare una distanziata vicinanza.

Aiutarsi scambievolmente senza compromessi. Senza fermarsi davanti a “come” che l’altro dovrebbe essere o “cosa” l’altro dovrebbe fare. Mettersi in una prospettiva interattiva: disposti a dare e a ricevere (che a volte è più difficile che dare!).

Cercare il dialogo tenendo presente la differenza tra errore ed errante. Senza esitare davanti alle porte chiuse, continuare a muoversi e a “tastare” tutte le possibilità fino a quando una risulti cedevole… possibile… percorribile. Non c’è una persona sbagliata, ma solo una porta che non può essere aperta.

Interagire con il mondo

Esercitare potere è un po’ come impegnarsi in una danza costante, su più fronti, con il mondo intero: dove lo scopo non è conquistare, ma interagire per trasmettere segnali e riceverne in cambio. Così che il mondo risuoni sempre più di noi e noi sempre più di lui.

Il confine tra noi e il resto del mondo non dovrebbe essere una linea sottile, ma un tratto il cui spessore varia.
E quello che conta non è mantenere tale spessore piccolo, ma farlo crescere, crescere, crescere a dismisura. Tanto più lasciamo che il mondo entri dentro di noi, tanto più lui lascerà che noi entriamo dentro di lui.

È così che accade a chi voglia esercitare il suo potere sul resto del mondo: deve lasciare che il mondo eserciti il suo potere su di lui.

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