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Il tempo è la moneta, sì, ma del rispetto

Il tempo è la moneta, sì, ma del rispetto

Rendere normale la disabilità

Qualche settimana fa il signor Antonio ha inviato, nella mia pagina Facebook pubblica, un messaggio molto secco con domande ben precise per chiedermi, senza troppi saluti e convenevoli, di rispondere ad un’intervista che avrebbe poi pubblicato sul suo blog. Uno dei tantissimi messaggi, e-mail e commenti che con immenso piacere ricevo ogni giorno (a meno che non pubblichi qualcosa di particolarmente “virale”, in quel caso il valore “tanti” potrebbe tendere all’infinito e, cercando bene, potremmo trovare anche qualcosa di meno simpatico).

Premesso questo, capirete bene che, con una pagina da più di 630.000 like, non sia facile leggere, tantomeno rispondere a tutti, anche se abbraccerei e bacerei chiunque, mi intrufolerei nelle case di ognuno e mi fermerei a cena per vivere cento vite e mille storie diverse. Ma no, non si può, stare al mondo significa vestirsi di necessità, e tra queste c’è il dover lavorare per poter vivere. E rispondere ad un messaggio, salvo far parte di un call-center, un servizio assistenza o di una linea erotica, non fornisce questa opportunità.

Quando però il miracolo accade, non avviene comunque in tempi decenti (e infatti, se ci fate caso, nessun personaggio pubblico che abbia certi numeri risponde personalmente). Eppure di quel che fan gli altri me ne sono sempre infischiato, così ho maturato la convinzione che instaurare un legame diretto con chi ti segue, senza troppi intermediari, sia doveroso non solo per una forma di rispetto verso chi ti “condivide”, nel senso più profondo e non social, ma anche per la qualità della comunicazione stessa, fidelizzando il proprio pubblico che si sente così più vicino e partecipe. Non a caso le aziende che vendono maggiormente sono quelle con un maggior tasso di risposta ai propri clienti, soprattutto sui canali social.

Antonio, però, oltre a non considerare il mio buon tentativo di convertire il filo diretto in “capitale sociale”, ha avuto più sfortuna del solito, e così mi ha scritto di nuovo:

Dopo qualche ora dal primo messaggio blu, che la mia pagina invia ciclicamente in automatico, ho scritto che, purtroppo, non ero riuscito a rispondere nei tempi richiesti. Attenzione, non che non avrei risposto in assoluto, ma che fino a quel punto non l’avevo fatto per motivi precisi: sono a letto con l’influenza, pieno di lavoro, sono umano e in fin dei conti non mi pagano per questo (l’ho anticipato, ma vorrei specificare: non lavoro in un call center e nemmeno, per quanto possa sembrare assurdo, una linea erotica), dunque non ci dovrebbero essere obblighi, no?

Perciò gli rispondo, forse di fretta ma pur sempre in modo cordiale, dispiacendomi. La risposta che segue, però, è quella che trovate lì sopra. Il non essermi liberato da chissà quale impegno mondano, o il più banale non esser stato subito pronto e reattivo, scattante e disponibile alla sua richiesta, ha sistematicamente fatto di me una brutta persona, menefreghista e superficiale, che ha ignorato gli argomenti da lui proposti: ergo, la nuova legge di bilancio in merito alla disabilità (argomento, peraltro, che avevo già trattato in modo approfondito esattamente una settimana prima il suo messaggio… ma sorvoliamo).

Lo so, lo so. Iniziare questa nuova rubrica con quella che pare essere a tutti gli effetti una vera e propria polemica, non è certo il massimo. Eppure, polemico, non voglio mai esserlo, così come non vorrei mancare mai di rispetto agli altri con del silenzio: il silenzio si mangia tutto, sempre e comunque, così come il non voler prendere una posizione. Mi pareva giusto, però, inaugurare questo spazio, che vorrà sollevare riflessioni partendo soprattutto dai messaggi che ricevo ogni giorno, con un primo messaggio emblematico, quello di un esempio ahimè classico di “follower”: il pretenzioso.

Perché se è vero che il tempo è denaro per tutti, dovremmo ricordarci che la forma migliore di moneta resterà sempre il rispetto: e se non si è pronti a scambiarla, mettendola in circolo insieme all’empatia, non riusciremo mai a costruire una società disposta ad accogliere l’altro, perché nessuno sarà più in grado di “aspettare”. Aspettare i tempi, le esigenze, i bisogni, le possibilità degli altri. Coloro che per qualche motivo, magari serio o anche no, restano un po’ indietro.

Si è pronti a chiedere, sempre, costantemente. Quanto ci spetta o più del dovuto. Ma quanto siamo disposti a dare? A comprendere cosa c’è dall’altra parte, a vestire panni nuovi e diversi ogni giorno, immedesimandosi? Tranquilli, vi lascerò tutto il tempo di cui avrete bisogno per rispondere… Nel frattempo, ci leggeremo qui, nelle prossime settimane, con i vostri spunti e le nostre riflessioni.

Scrivimi una lettera, uno spunto o una tua riflessione:
segnalazioni@iacopomelio.it

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